Abraham Yehoshua: “Essere attaccati al passato porta a non aprirsi al futuro”

MANTOVA Piazza Castello accoglie con un caloroso applauso lo scrittore israeliano Abraham Yehoshua, accompagnato dal giornalista Wlodek Goldkorn. L’autore esordisce leggendo le prime due pagine del suo nuovo romanzo, “Il tunnel”, in lingua originale. Questo per spiegare che il dna di un romanzo si trova proprio qui, nell’esordio, nelle prime pagine che racchiudono i punti fondamentali su cui si snoderà l’intera vicenda. La demenza senile, la memoria, l’amore coniugale, il desertico sud e un tunnel. Temi che possono essere letti nei modi più diversi, ricchi di una simbologia profonda e intima. Si parte dalla demenza senile, interpretata come indicatore della pericolosità della troppa memoria. Essere attaccati al passato, porta a non aprirsi al futuro. Questa malattia terribile viene intesa come una liberazione, un diritto all’oblio che ci permette di andare avanti, di progredire. Yehoshua si riferisce qui al suo popolo, distrutto e diviso da guerre da troppo tempo. Troppa memoria è pericolosa, ci paralizza, in un mondo in continuo e costante cambiamento. Dobbiamo liberarci dai fantasmi del passato per trovare delle nuove soluzione ai problemi, perchè quelle adottate fino ad oggi non hanno funzionato. L’intero romanzo è attraversato dall’amore coniugale, che viene affrontato con grande delicatezza e intimità. Inteso come passione e desiderio per sconfiggere la demenza, simbolo dell’inaridimento progressivo a cui è sottoposto il cervello. Abbiamo bisogno di amore, cuore e anima per sconfiggere la povertà di spirito, malattia dei giorni moderni. Anche l’ambientazione è simbolica. Perchè il protagonista va al sud e non al nord per cercare di sconfiggere la sua malattia? Perchè il sud è deserto, e nel deserto non trovi “palestinesi da cacciare” o “terreni da requisire”, nel deserto si è liberi da tutto e si può essere quello che veramente si è, senza costrizioni e facciate da mantenere. Ed infine il tunnel, interpretazione di superamento delle politiche identitarie, sempre più forti nel mondo attuale. L’autore interpreta questa tendenza come una diretta causa della globalizzazione. Questo fenomeno spaventa tutti, nessuno vuole vedere la propria cultura appiattita e svuotata. Ognuno desidera mantenere la propria individualità e, spesso, lo fa cercando di prevaricare sugli altri. L’autore porta l’esempio deglio ospedali, luoghi di sofferenza e intimità, dove arabi e ebrei cooperano e lavorano insieme, dove il popolo è solo uno e non ci sono differenze. Le individualità vengono rappresentate come colline, che non devono essere spianate per far passare delle strade, ma devono essere collegate da dei tunnel sotterranei, non invasivi ma funzionali. Yehoshua incanta per la passionalità che ha nel parlare della sua terra. Lui ama la sua terra e ha combattuto per lei in passato e lo sta ancora facendo, ma in termini diversi. Ora non pensa più che la soluzione siano due stati separati, si deve andare oltre. Racconta di come ha litigato anche con un suo grande amico, Amos Oz, scomparso qualche mese fa, riguardo questo. Ma per combattere l’apartheid a cui sono destinate alcune popolazioni, occorre qualcosa di diverso, di rivoluzionario. Uno stato unico in cui cooperare, in cui guardare insieme al futuro. Non sarà una pace perfetta e felice, non sarà facile, ma sarà la soluzione per arrivare ad un’esistenza più morale e giusta nella Terra Santa.
Chiara Taffurelli