VILLIMPENTA – Il 5 marzo di cent’anni fa nasceva Bologna Pier Paolo Pasolini, considerato uno dei maggiori artisti e intellettuali italiani del XX secolo. Poeta, scrittore, regista, sceneggiatore, drammaturgo ed editorialista, nel corso della sua carriera di scrittore e regista, Pasolini si è concentrato sulle figure più trascurate della società italiana e non ha avuto paura di denunciare le ipocrisie e ingiustizie di governanti e mondo ecclesiastico. L’ultimo film di Pasolini arrivò nel 1975 e fu “Salò o le 120 giornate di Sodoma”, primo e unico capitolo di una “Trilogia della morte”. Girato solo poche settimane prima della sua scomparsa e uscito tre settimane dopo, Salò rappresenta l’apice dell’esplorazione della psicologia della borghesia. Il film si basa sul romanzo settecentesco del Marchese de Sade, “Les 120 journées de Sodome ou l’école du libertinage” ma Pasolini spostò l’ambientazione originale dal castello medievale dell’inizio del 1700 alla più vicina e controversa Repubblica fascista di Salò del 1940. Le scene vennero girate nel Mantovano, in particolare nella villa gonzaghesca Zani di Villimpenta. Sul set, tra i fotografi accreditati delle riprese, c’era anche il villimpentese Bruno Franzoni, artista poliedrico ma soprattutto pittore con alle spalle mostre e riconoscimenti scomparso nel 1984. Un’esperienza che Franzoni raccolse in un personale book fotografico corredato da appunti e impressioni. «Al regista – si legge in questa sorta di diario custodito dalla figlia – non si può negare, piace essere al centro dell’attenzione; e, d’altronde, è giusto sia così. La sua voce, talvolta cortese, talvolta possente, impartisce le direttive ai suoi aiutanti di campo. È unico nel collocare lo spettatore nel fuoricampo. Credo che certe sue prese di posizione siano frutto di una sofferenza di fondo nel non riconoscersi più nel mondo che lo circondava, cosa che peraltro lui stesso confidò a noi che stavano dietro le quinte al termine delle riprese».
Matteo Vincenzi