Da New York a Quistello come ambasciatori del gusto

QUISTELLO – Quello che Lucio Dalla un tempo definì “Il bar di Guerre stellari” è ancora lì, al suo posto, alle porte di Quistello con tutto il suo fascino e la sua atmosfera unica ai quali oggi, però, si aggiunge un tocco in più grazie all’avvento della nuova gestione. L’Ambasciata dei fratelli Tamani è acqua passata, adesso la stella Michelin è sul “petto” dello chef parmense  Matteo Ugolotti che con il socio  Paolo Guaragnella ha rilevato il ristorante inaugurando un nuovo corso, che purtroppo il lockdown ha giocoforza troncato sul nascere. “Pazienza – afferma Matteo -, usiamo questo tempo per affinare il menu, per rinfrescare l’ambiente e per mettere a punto la cantina grazie anche all’aiuto di un esperto che ci fa concentrare sia su etichette molto ricercate, sia sui canali principali ma anche quelli meno conosciuti”.
Matteo, che di Romano è stato allievo prediletto per cinque anni, e Paolo sono tornati in Italia affascinati dalla romantica idea di entrare alla guida dell’Ambasciata per un’avventura che nemmeno lontanamente ha il sapore della sfida, ma che invece indossa i severi panni della tradizione. “Sì perché noi vogliamo continuare a proporre quello che i clienti all’Ambasciata hanno sempre trovato, ma lo faremo alleggerendo la cucina senza per questo togliere gusto e sapori di una volta”. Dietro ai fornelli Matteo si trova a proprio agio, il richiamo dell’Ambasciata è stato così forte da fargli abbandonare un privilegiato posto di cuoco in un ristorante di Manhattan e in questa nuova pagina di vita ha voluto coinvolgere l’amico Paolo, avvocato di successo, pure lui ben integrato nella Grande Mela. Due cervelli in fuga in sostanza, ma sensibili alle questioni di cuore tanto da scegliere la via del ritorno per una straordinaria avventura in un piccolo paese di provincia. “Matteo mi ha convinto – spiega Paolo, milanese d’adozione ma pugliese di nascita – parlandomi in maniera romantica di questo posto e dopo un’estate a pensarci su alla fine ho accettato. Così, ci siamo fatti in quattro per dare una mano a Romano nella gestione del ristorante consapevoli delle difficoltà in cui versava. Proprio per questo ci ha sorpreso leggere quelle parole da parte sua ed in particolare quando si riferisce all’ingratitudine della gente, quando invece noi lo abbiamo messo al centro del nostro progetto. Porterà il nome Ambasciata altrove? Non credo ed in ogni caso faremo di tutto per tutelare la nostra attività”. Se per Paolo è più una questione di freddi rapporti interpersonali per Matteo, invece, è stato un colpo al cuore “perché io a Romano ho sempre voluto bene e se ci siamo buttati in questa avventura è proprio perché non volevo che lui e il ristorante finissero a rotoli. Stavo bene in America e non era nei miei pieni ritornare in Italia: se oggi sono qui è solo per l’aura romantica che veste questo progetto gastronomico”. Ma com’è cambiata l’Ambasciata, anzi come non è cambiata… “Abbiamo portato professionalità, avevamo affiancato a Romano una brigata di giovani senza togliergli l’ultima parola su tutto, ma alla fine ha scelto di andarsene. Peccato. Ma il nostro progetto va avanti e pur senza una figura storica come quella dei Tamani, il ristorante esprime nuova energia proponendosi anche come inclusivo raggiungendo tutte le fasce d’età grazie ad un ampio ventaglio di soluzioni”.