Migranti minorenni bloccati in questura. I sindacati attaccano il Comune che risponde: troppi arrivi, non c’è più posto

MANTOVA Si sono presentati in questura l’altro ieri verso le 17. Tre ragazzini nordafricani, arrivati sulle coste della Sicilia con uno dei tanti barconi che solcano il tratto di Mediterraneo che divide la nostra isola dal continente africano. Gli agenti dell’Ufficio Immigrazione hanno provveduto alla loro identificazione per il rilascio del permesso di soggiorno, ma da allora i tre giovanissimi migranti sono nei locali della questura di piazza Sordello in attesa di essere collocati in una struttura adeguata alla loro condizione. Una collocazione che però tarda ad arrivare e che nello stesso tempo costringe il personale di Polizia ad occuparsi di questi giovani ospiti tralasciando quelli che dovrebbero essere i compiti degli agenti. Una situazione che ha scatenato la protesta del Sap di Mantova (Sindacato Autonomo di Polizia) soprattutto nei confronti del Comune di Mantova, che non avrebbe fatto nulla per risolvere la questione. “La parte relativa all’accoglienza – si legge in una nota diffusa ieri da Fabrizio Santoro, segretario provinciale Sap – ove cui il ricovero delle persone minori spetterebbe al Comune di Mantova che assumerebbe al contempo gli obblighi connessi all’eventuale integrazione economica. Tuttavia – attacca Santoro – proprio l’incapacità da parte del Comune di Mantova nel reperire nell’immediato strutture residenziali idonee all’accoglimento, che in virtù di un numero crescente di casi analoghi ogni amministrazione pubblica dovrebbe riuscire ad individuare, più colleghi in seno alla Questura hanno dovuto ininterrottamente vigilare, ed umanamente anche accudire, i tre minori, quasi bambini vista la loro età, presso i locali della questura a scapito della sicurezza dei cittadini”. Un episodio tutt’altro che isolato, aggiunge Santoro, che conclude chiedendo “soluzioni urgenti nell’interesse della categoria che non vuole assolutamente sottrarsi al suo ruolo, ma fornire un preciso spunto nei tavoli politici in seno alla città di Mantova”. “L’escalation dei numeri negli ultimi mesi ha evidentemente messo in crisi quanto il Comune era riuscito a mettere in piedi, non senza grandi difficoltà e importanti risorse economiche – si legge in una nota diffusa da via Roma in replica alla questione -. La gestione di tale fenomeno, infatti, ricade unicamente sulle spalle dei servizi sociali comunali, senza un coordinamento nazionale o regionale sia rispetto alla distribuzione territoriale sia con riguardo al reperimento delle strutture. Nelle ultime due settimane, sono arrivati oltre 10 minori, sono state contattate senza esito almeno 80 comunità in mezza Italia (Lazio, Liguria, Piemonte, Marche, Emilia, ecc.). Gli ultimi 2 minori qualche giorno fa sono stati collocati a Pordenone, accompagnati dai servizi sociali. Ieri sera (giovedì, ndr) si sono presentati in Questura altri 3 ragazzi, dichiarando di essere provenienti da Venezia, intorno alle 19 – da quel momento sono stati ininterrotti i contatti fra i servizi sociali comunali, l’assessore Caprini e gli operatori della Questura in turno, per provare insieme a trovare una collocazione idonea. Purtroppo – prosegue la nota comunale – le comunità educative per il collocamento di questi minori sono tutte sature, non ci sono più posti disponibili e diventa perciò complicatissimo reperire posti. Non essendoci più strutture disponibili su tutto il territorio nazionale, sta diventando una questione anche di ordine e sicurezza pubblica”. Gli operatori rappresentano un fenomeno che appare a tutti gli effetti eterodiretto; “Non sembra cioè casuale l’arrivo, e molti fattori inducono a pensare che tale flusso sia organizzato. Inoltre sono sempre più numerosi i casi di ragazzi con comportamenti devianti e spesso violenti, che sfociano in minacce e aggressioni ai danni degli operatori che gestiscono le strutture”. “Il Comune – conclude la nota dei servizi sociali – non si sottrae mai ai suoi obblighi, e opera in uno spirito sempre collaborativo, anche oltre le proprie responsabilità dirette, con le altre istituzioni, e così continuerà a fare, ma occorre senza dubbio una nuova cornice di riferimento e che il governo si accorga di quanto sta accadendo, come ormai tutti i sindaci capoluogo stanno chiedendo da mesi”.