La confessione: “Ho ucciso Boni come lei ha ucciso me”

CASTIGLIONE DELLE STIVIERE «Ho ucciso Boni come lei ha ucciso me». Parole che il 33enne Dumitru Stratan, in carcere dalla notte tra venerdì e sabato scorsi accusato di aver ucciso l’ex fidanzata Yana Malayko e di averne occultato il cadavere, la mattina di venerdì scorso avrebbe ripetuto due volte. Una prima volta, verso le 8, ad un conoscente. La seconda volta, verso le 9.30, a sua sorella Cristina. E poi i pantaloni del 33enne sporchi di fango e, sopratutto, numerose macchie di sangue che i carabinieri avrebbero isolato nell’appartamento del grattacielo di piazzale Resistenza. Non solo. Le immagini raccolte dalle telecamere installate all’ingresso del palazzo che avrebbero ripreso Stratan mentre, poco dopo le 5 del mattino di venerdì scorso, esce dall’ascensore trascinando con sé un voluminoso sacco di colore chiaro.
Questi gli elementi che hanno portato il 33enne di origine moldava in carcere gravato da pesantissime accuse. Ma nonostante la situazione, per il momento da parte di Stratan non arriva una sola parola in merito a quanto accaduto quella notte.
A dare il via alle indagini era stata proprio Cristina, sorella del 33enne, che aveva allertato i carabinieri. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, infatti, da alcuni giorni la sorella stava alloggiando nel Bresciano, in un paese sul Garda a una ventina di chilometri da Castiglione. Quel venerdì mattina verso le 9.30 Cristina avrebbe ricevuto una telefonata dal fratello che le chiedeva di raggiungerlo a Castiglione per scambiare due parole e avere un po’ di conforto. Una volta giunta nell’appartamento, Cristina, che gestisce il bar Coffee Event, avrebbe chiesto a Stratan dove fosse Yana. Dopo alcune insistenze il 33enne, visibilmente scosso e teso, con la sigaretta perennemente accesa, avrebbe pronunciato quelle micidiali parole: «L’ho uccisa come lei ha ucciso me».
Parole giunte come coltellate alle orecchie di Cristina, che a Yana vuole bene come a una sorella. Parole che, poco più di un’ora prima, Stratan avrebbe però pronunciato anche con un conoscente che aveva incrociato, verso le 8, di fronte al bar. A questi il 33enne avrebbe fatto cenno di salire nell’appartamento e anche il conoscente stesso avrebbe notato qualcosa di strano in Stratan: oltre a macchie di fango sui pantaloni, anche tensione e ansia: “Sono rimasto con la macchina impantanata”, sarebbe stata la spiegazione. E poi, in quei pochi minuti di conversazione con l’amico, l’agghiacciante confessione: «Ho ammazzato Boni». Conversazione conclusa poco dopo, all’arrivo nell’appartamento di piazzale Resistenza di Ana Stratan, madre del 33enne.
Tra l’altro verso le 5 di quello stesso venerdì mattina sul cellulare di Cristina sarebbero arrivati dal numero di Yana alcuni messaggi nei quali la 23enne le diceva di voler cambiare aria: secondo gli inquirenti sarebbe stato Stratan stesso a inviarli dal numero della sua ex (il cellulare di Yana era nell’appartamento, nonostante la giovane non ci fosse), come a voler giustificare l’assenza della 23enne.
Nonostante l’assordante silenzio in cui il 33enne si è chiuso da quando è in carcere, immagini delle telecamere e rilievi dei carabinieri indicano che qualcosa quella notte potrebbe essere successo.
I militari del Nucleo investigativo di Mantova infatti, nell’appartamento di Cristina che da alcuni giorni era abitato da Yana, hanno trovato tracce di sangue su un letto, sulle lenzuola, su alcuni asciugamani e sulla maniglia di una porta. E poi le immagini della sorveglianza interna del condominio che avrebbero ripreso Stratan mentre, verso le 5 di venerdì mattina, usciva dall’ascensore trascinando con sé il voluminoso sacco. Quel sacco dentro al quale il 33enne potrebbe aver avvolto il corpo ormai senza vita di Yana, prima di caricarlo sull’automobile per portarlo fuori Castiglione nell’intento di farla sparire.