MANTOVA Tracce di preistoria nel mantovano – Il sito di Canedole di Roverbella, Sovrappasso 100. Questo il titolo dello studio condotto dalla Soprintendenza sul sito archeologico preistorico venuto alla luce nel territorio del Comune di Roverbella, in località Canedole, durante i lavori di ammodernamento del locale sovrappasso, il 100, condotti da Autostrada del Brennero SpA. Sostenendo l’iniziativa, la Società ha voluto andare oltre i doverosi adempimenti in materia di tutela del patrimonio archeologico, contribuendo così a testimoniare come la cosiddetta “archeologia preventiva” rappresenti una garanzia per tutti gli attori in gioco, da chi è preposto alla tutela del patrimonio culturale a chi commissiona i lavori.
Il sito è stato individuato nel 2015. La relazione archeologica già indicava le aree in cui sarebbe stato più probabile il ritrovamento di siti d’interesse. Tra queste quelle che insistono sul territorio comunale di Roverbella, considerata l’eccezionale concentrazione di siti ivi già individuati. Tale quadro ha indotto la Soprintendenza per i Beni Archeologici a fare eseguire alcuni sondaggi alla presenza di archeologi professionisti. Sono stati subito intercettati frammenti ceramici riconducibili al Neolitico. Di qui la decisione di programmare scavi archeologici in estensione su tutta l’area interessata dalla realizzazione del sovrappasso eseguiti dalla società archeologica Tecne Srl. Si è trattato di un percorso analogo a quello che lo scorso anno ha portato al rinvenimento, nei pressi della stazione autostradale di Nogarole Rocca, di una vastissima necropoli utilizzata fino all’età del Bronzo.
Gli scavi di Canedole, diretti dalla Soprintendenza per la committenza di Autostrada del Brennero SpA, hanno indotto a ipotizzare l’esistenza in questo punto di un’area artigianale risalente a un periodo compreso tra la fine del Neolitico e l’età del Rame, probabilmente a margine di un abitato ancora da scoprire. Il luogo del ritrovamento non pare scollegato da una direttrice viaria, quella del Brennero, che le scoperte archeologiche rivelano già percorsa in epoca preistorica. “L’area – scrivono Cristina Longhi e Martina Faedi nel loro studio – era sicuramente inserita in un vasto sistema di comunicazione. Considerati i numerosi ritrovamenti che interessano il territorio, la direttrice del Brennero doveva essere attiva sin da tempi antichissimi come collegamento tra il mondo mediterraneo e quello transalpino, così come attivo doveva essere un tracciato viario, parzialmente ricalcato successivamente dai Romani con la via Postumia, che collegava l’Italia nord occidentale con quella nord orientale”.
“Purtroppo – spiega l’archeologa Cristina Longhi, che ha condotto gli scavi per conto della Soprintendenza – molto spesso rimane pochissimo delle tracce dei nostri predecessori: buche per l’imposta dei pali lignei che sostenevano le pareti delle case, pozzi per la captazione dell’acqua, fosse di varia forma e dimensione riconducibili ad attività artigianali o di cava di argilla e ghiaia, utili per la produzione di vasi e per lo svolgimento delle attività quotidiane. L’incessante erosione del suolo da parte degli agenti naturali e la modifica del territorio da parte dell’uomo, per adattarlo alle proprie necessità, hanno per la gran parte cancellato le tracce lasciate da millenni di attività umane. Ciò nonostante gli archeologi riescono, attraverso un attento e minuzioso lavoro, a ricostruire frammenti di vita delle comunità antiche, utilizzando i pochi indizi sopravvissuti”.
Così è stato per il sito del sovrappasso 100 a Canedole. “L’analisi dei reperti archeologici, lo studio degli ossi animali, per lo più resti di pasto, dei frutti e dei semi conservati consente di restituire – spiega l’archeologa – lo spaccato della vita quotidiana sulle rive di un antico corso d’acqua, probabilmente sfruttato per attività artigianali. La presenza predominante di ossa di bovini indica che questi erano privilegiati per la produzione di carne; contrariamente a quanto succede oggi, sono invece poco numerosi i maiali. L’attività di caccia sembra essere stata praticata solo marginalmente, a integrazione della dieta, pochi sono infatti i resti ossei riconducibili a specie selvatiche. Venivano consumati inoltre cereali, legumi e frutta: in prevalenza le nocciole, i fichi, la mora, l’alchechengi”.
Grazie all’impegno di un’equipe di specialisti, coordinati dalla Soprintendenza, questo spaccato di un mondo scomparso è stato ora restituito al pubblico attraverso il volume Tracce di Preistoria del Mantovano, presentato questo pomeriggio nella Sala dei Cavalli di Palazzo Te: “Un’occasione di riflettere – conclude Longhi – sull’importanza, già nel mondo antico, del territorio mantovano e di questo settore della Pianura padana: i numerosi ritrovamenti archeologici che si addensano in questa fascia di territorio, che corrisponde grossomodo al tracciato dell’odierna A22, indicano la presenza fin dal Neolitico di importanti assi viari che collegavano il mondo mediterraneo all’Europa transalpina, favorivano la circolazione di uomini, merci e idee e, come oggi, catalizzavano l’insediamento umano”.
Il professore Umberto Tecchiati, dell’Università degli Studi di Milano, ha ricostruito contatti e vie di transito attraverso lo studio dei reperti archeologici; gli archeologi Paola Salzani, Cristina Longhi e Leonardo Lamanna della Soprintendenza hanno offerto al pubblico un aggiornamento sui nuovi e importantissimi ritrovamenti preistorici, che rimarcano l’estrema ricchezza e la densità abitativa del luogo. A concludere, il professore Antonio Curci e la dottoressa Maria Letizia Carra, dell’Università di Bologna, hanno riportato indietro nel tempo i presenti, per un viaggio in un paesaggio che sembra ormai scomparso, ma che forse sopravvive negli angoli meno compromessi dall’espandersi dell’urbanizzazione e della produzione estensiva.
“Lo sviluppo – osservano Luigi Olivieri e Walter Pardatscher, Presidente e Amministratore Delegato di Autostrada del Brennero SpA – è lungimirante solo se sostenibile e tutelare il patrimonio culturale di una Comunità è un dovere anche e soprattutto nei confronti delle future generazioni. Per questo, è stato per noi motivo di soddisfazione poter collaborare con la Soprintendenza tanto nell’indagine preliminare del sito di Canedole, quanto nei successivi scavi archeologici”.