Mantova «Se oggi le persone vivono con distacco la politica è perché pensano non si occupi dei loro problemi. Per quello che ci riguarda il tema è rimettere al centro i bisogni delle persone nel senso di diritti, lavoro, stato sociale e fare in modo che queste siano le questioni di cui chi governa e la politica tornino a occuparsi». Risponde così il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, ospite della Cgil nell’auditorium Mps di via Luzio, quando gli si chiede di commentare uno dei dati più significativi emersi nell’ambito dell’indagine effettuata su delegati e funzionari della Camera del lavoro virgiliana. E il dato è che il 75% dei funzionari e delegati sindacali della Cgil di Mantova dice di sentirsi politicamente nel centrosinistra, ma al contempo il 65% dello stesso campione afferma di non sentirsi rappresentato da alcun partito.
«Il sindacato – ha proseguito Landini – deve rafforzare il proprio carattere perché non è un partito e non fa opposizione. È un soggetto che mette insieme le persone che lavorano in autonomia, slegato da partiti, governi e imprese. Per questo la Cgil si pone alla pari con tutti, ma non ha paura di nessuno e non fa sconti a nessuno. Il sindacato fa politica nella misura in cui rappresenta i lavoratori».
L’indagine, illustrata da Massimiliano Fontana (Studio Altrimentièuguale) ha fatto emergere anche altri dati interessanti. Come quello relativo ai partiti in cui i delegati, intervistati nello scorso ottobre in occasione del congresso provinciale Cgil, hanno affermato di votare Movimento 5 stelle (8%) e Lega (1%). «Credo che il dato relativo alla Lega – ha detto il segretario provinciale Daniele Soffiati, intervenuto assieme al sindaco Mattia Palazzi – sia sottostimato».
La parte dell’indagine più tagliata sugli aspetti valoriali ha fatto emergere dati rassicuranti per la Cgil. I valori in cui i delegati e funzionari si sentono maggiormente rappresentati sono quelli dell’uguaglianza, della giustizia e della solidarietà. Ma un terzo degli intervistati ritiene che il sindacato debba occuparsi solo di lavoro. «Essere rappresentativi – ha aggiunto Soffiati – vuol dire far sentire la nostra voce. L’articolo 39 della Costituzione ci dà il il diritto di dire come la pensiamo su temi dirimenti come sviluppo, infrastrutture, autonomie, accoglienza e immigrazione».
Landini, dopo aver brevemente analizzato i dati dell’indagine, si è concentrato sul problema del lavoro come diritto e non come una merce: «La questione è anche culturale e non solo politica. Pensiamo che negli anni ’70 lo Statuto dei lavoratori è stato votato da forze politiche di sinistra, destra e centro perché si partiva dal presupposto culturale che il lavoro doveva essere un diritto per tutti, poi veniva l’appartenenza politica. Negli ultimi 20 anni chi ha governato ha fatto leggi che hanno capovolto questa logica. Si pensi al “job act”, o alla eliminazione dell’art. 18. Si è verificata una regressione culturale e il lavoro è stato trasformato da diritto a merce che si può comprare o vendere. I diritti sono stati frantumati e si è arrivati a una guerra fra poveri, una competizione dove i lavoratori accettano quasi ogni condizione. Mancano politiche industriali, investimenti pubblici e una seria lotta all’evasione fiscale che potrebbe far recuperare risorse molto ingenti da reinvestire nella sanità, nella scuola e nelle politiche per creare lavoro e occupazione».
Questi ultimi concetti sono stati sottolineati anche da Soffiati che, concentrandosi sulla situazione mantovana, ha evidenziato come negli anni della crisi la provincia di Mantova abbia perso oltre 2.700 imprese, la disoccupazione giovanile è salita e i giovani mantovani, come dimostra un’analisi Cgil Mantova su dati Fondazione Migrantes, se ne vanno sempre più all’estero a lavorare: dal 2006 al 2018 sono aumentati del 150% e per lo più si tratta di persone laureate con elevate competenze. E i primi dati del 2019 disegnano una situazione generale di contrazione dell’economia mantovana in diversi comparti.