MANTOVA – Lo scorso marzo era stato dapprima denunciato e quindi, a distanza di un paio di settimane, arrestato per maltrattamenti in famiglia, lesioni personali aggravate e violenza sessuale. In tale circostanza a finire in manette, secondo quanto disciplinato dalla recente normativa sul cosiddetto “codice rosso” B.T.M., un 56enne cittadino tunisino residente ad Asola. Nella fattispecie tutto era nato dalla denuncia presentata dalla moglie dell’uomo ai carabinieri della locale stazione. Ai militari la donna aveva infatti spiegato di essere vittima, da circa due anni, di reiterati episodi violenti perpetrati dal coniuge nei suoi confronti con sistematicità e consistenti in minacce, percosse, aggressioni e addirittura di rapporti sessuali estorti con la forza e contro la sua volontà da parte del convivente. Gli uomini dell’Arma, a seguito di una delicata attività d’indagine, avevano quindi deferito in stato di libertà il marito-padrone. Ma vista la situazione di convivenza divenuta ormai insostenibile tra i due e uno scenario familiare alquanto delicato per il mantenimento dell’incolumità della vittima, i militari avevano quindi chiesto all’autorità giudiziaria di via Poma l’emissione di un’ordinanza per la custodia cautelare in carcere dell’uomo, concessa poi dal gip a stretto giro. A suo carico dunque accuse pesanti e un rinvio a giudizio immediato. Ieri mattina l’epilogo giudiziario in primo grado della vicenda. Conclusa l’istruttoria dibattimentale infatti l’imputato, scortato in aula dagli agenti di polizia penitenziaria, è stato riconosciuto dal collegio dei giudici responsabile dei reati a lui ascritti e quindi condannato a sette anni di reclusione. Per il pubblico ministero Lucia Lombardo, invece la pena da comminare andava aumentata di ulteriori sei mesi come da lei avanzato in fase di requisitoria.