Baroni (FI): alle donne che denunciano violenze la stessa protezione dei collaboratori di giustizia

Anna Lisa Baroni

MANTOVA Le statistiche dei femminicidi parlano chiaro: una donna uccisa ogni tre giorni. Negli ultimi tre anni, le vittime sono 450. “Troppe” commenta l’on. Anna Lisa Baroni, che sottoscrive la proposta formalizzata in queste ore dal ministro Gelmini. “A Mantova, grazie all’attività delle forze dell’ordine e all’impegno delle tante associazioni, la situazione è tenuta in grande considerazione: tra aprile 2020 e marzo 2021 la Polizia è prontamente intervenuta in oltre un centinaio di liti familiari, con 28 ammonimenti e 52 denunce per reati da codice rosso. Il dato locale evidenzia comunque l’esistenza di un problema serio, che si fa drammatico a livello nazionale. Le donne che denunciano minacce e violenze vanno tutelate, assegnando loro la stessa protezione assicurata ai collaboratori di giustizia. Aiuti economici compresi”. Il femminicidio è un crimine per affrontare il quale serve una svolta culturale, ma ci vorranno anni: nel frattempo, non è possibile che chi ha trovato la forza di denunciare sia lasciato alla mercé di partner violenti. “Penso a Deborah, uccisa dall’ex marito nonostante 19 denunce” continua la deputata azzurra “doppiamente tradita: da chi diceva di amarla e dallo Stato, che non l’ha protetta. Case rifugio e centri antiviolenza sono una buona soluzione, peraltro da incentivare, ma va anche estesa a queste donne la disciplina della legge n. 6 del 1968 per i testimoni di giustizia. Alla denuncia deve corrispondere l’attivazione tempestiva di una rete di vigilanza e protezione, supportata dal sostegno economico per la sfera privata (assicurando condizioni di vita equivalenti a quelle pre-denuncia, spese di alloggio, per i figli, tutela legale) e la salvaguardia della posizione lavorativa: possibilità di trasferimento, reinserimento, finanziamenti agevolati per proseguire attività imprenditoriali. Senza una chiara presa di posizione legislativa su questi aspetti” conclude Baroni “il rischio è che le donne si rassegnino e smettano di denunciare, nel timore di esporsi a ritorsioni e ulteriori violenze che, come abbiamo visto troppe volte, possono anche risultare fatali”.