E dimentica il cellulare. Scopri il bello del parlare

MANTOVA Ci meravigliamo del fatto che non riusciamo più a capirci e nemmeno a parlarci. Per forza parliamo solo con il cellulare! E poi cerchiamo psicologi e/o preti per ritrovare lo spirito e la condizione della relazione del dialogo. A proposito: straordinariamente interessante la riflessione di mons. Egidio Faglioni, parroco di Asola, su dialogo, confessione e aspetti psicoterapeutici della relazione spirituale. Il bello e il rivoluzionario di guardarsi negli occhi direttamente senza whatsapp.

Quella volta, anni fa, proprio su questo giornale in prima pagina scrissi di noi tutti o quasi “whatsappati e sempre stressati”.  Perché usare il cel è noto ci stressa, ci aliena da noi stessi, ci trasporta in dimensioni distrattive. Il dibattito sul cellulare a scuola ne è un aspetto importante.

Non ce ne accorgiamo o forse ce ne accorgiamo ma non ci facciamo debitamente caso ma avere sempre un aggeggio on line perennemente in linea ci rende un po’ o tanto soggetti a stress, è come stare sempre in scena, su un proscenio, davanti a un microfono o addirittura davanti a una telecamera. Accipicchia, mia nonna Clo non l’avrebbe neanche immaginato un tipo di vita sempre in vista lei proprio che amava stare dietro le quinte fare le sfoglia o zappare nell’orto per tirar su pomodori e verze, rapanelli e insalate da offrire sulla ben frequentata tavola di casa a cui accedevano dalle 10 alle 15 persone a seconda degli eventi agresti e agricoli, di nascosto dal mondo. Beh, ve l’immaginereste voi una tavolata da dieci o quindici persone a cavallo della mietitura o della facitura dei salumi con tutti i telefonini in mano?! Posto che all’epoca non c’erano ma certo data la condizione di necessaria condivisione non ce ne sarebbe stata l’occasione. Se sei in un contesto pieno di interesse umano è più facile dimenticare il cellulare in tasca, ammenoché non siamo proprio dei dipendenti-dipendenti, cioè patologici. La qual cosa, per alcuni casi, non è da escludere

L’ho notato, e quindi annotato, in alcune occasioni culturali in cui mi è capitato (quanti “ato”!) di andare e ho constatato che se l’argomento tira e l’attenzione è forte nessuno tira fuori i cellulari, se non per fare le foto o registrare qualcosa. Come capita invece quasi regolarmente a tavola, a cena o a pranzo, anche alle feste di famiglia.  Bella la famiglia tutta al cellulare attorno alla tavola delle feste! (E’ ironico!) Per questo ha fatto bene la piattaforma The Fork, che immaigno tutti voi ben conosciate,  quello strumento digitale che abbiamo tutti o quasi tutti sui telefonini che ci aiuta a prenotare nei ristoranti anche di grido sfruttando sconti e occasioni. Ebbene The Fork ci invita a disconnetterci e a trovare un dialogo a tavola. Se ne siamo o ne saremo ancora capaci. Ma andiamo per ordine e la uso io questa espressione andiamo per ordine dopo averla indicata come luogo comune nel penultimo libro sui Luoghi Comuni, uscito con Minerva Edizioni, ben consapevole dell’infrazione linguistica ma al contempo convinto che un luogo comune possa essere usato una prima volta prima che diventi troppo comune.

Andiamo per ordine perché cominciamo dall’incontro culturale in cui non ho visto volare telefono. Incontro tutto mantovano, molto rinascimentale, alla Galleria Mossini di Mantova centralissima via Cavour, sulle donne, e che donne!, di Casa Gonzaga, grande narratore e ispiratore, tra l’altro molto ispirato, lo storico Gian Carlo Malacarne, per il quale oggettivamente la storia di Mantova e dei Gonzaga non ha più segreti. Una folla di signore e signori già nel primo incontro di un sabato pomeriggio di inizio febbraio ad ascoltare la storia sventurata di Agnese Visconti, uccisa per supposto tradimento, che pare ancor si lamenti, dalle parti di piazza Lega Lombarda. Gente anche in piedi, appoggiata al muro ad ascoltare la narrazione di Malacarne, senza un brusio, non volava una mosca e al massimo qualche accenno timido di risata per una o due battute sui tradimenti a Corte. Non ho visto un cellulare uscir di tasca neanche a sbirciare dietro le statue in fase di narrazione. Ancor di più nella puntata finale in cui era di scena la storia sfolgorante e ancor piena di misteri della marchesana di Mantova, Isabella d’Este, una delle regine se non la regina del Rinascimento italiano. Non ho visto cellulari volare tra mano e mano se non per registrare l’audio di qualche battuta del relatore, sempre più attrattivo nel congegno narrativo. Cosa mi dice e cosa ci dice questo? Una cosa naturale che è bene tuttavia sottolineare. Che se diciamo, noi umani, cose interessanti che coinvolgono e attirano attenzione, è molto probabile che non sia necessario ricorrere ad algoritmi, schermi, app e programmi tecnologici vari per riempire i nostri presunti vuoti e le nostre noie.

Nel caso di Mantova merito dell’argomento, le donne del Rinascimento sono sempre una grande fonte di interesse e curiosità, e della modalità di racconto perché diciamolo con tranquillità lo storico Malacarne è proprio bravo a raccontare, ricostruire, indagare, ipotizzare, ancorare, documentare, spiegare, indugiare. Non c’è algoritmo che possa competere con certi cervelli. Umani.

Se riusciamo a fare a meno del cellullare ascoltando i segreti di Isabella d’Este evocati da Giancarlo Malacarne, dovremmo riuscire anche a tenere in pausa il cellulare a tavola tra un tortellino e un arrosto ma soprattutto per godere della compagnia di chi sta a tavola con noi attraverso quella che una volta era insegnata come arte: la conversazione.  Bene ha fatto come dicevamo in apertura The Fork a lanciare la giornata della sconnessione a tavola e della connessione del dialogo. Mi è piaciuto leggere l’invito di Michela Loviglio all’attenzione per questa giornata speciale. Occhi umani per gli umani.

L’ultimo sondaggio di TheFork rivela che il 39% (mica poco) degli utenti utilizza frequentemente lo smartphone al ristorante. C’è chi lo fa per noia (18%) e chi per abitudine (40%), chi controlla i social (17%) e chi scatta foto al cibo (29%): un vizio che non solo infastidisce la maggior parte dei commensali (70%), ma che, anche a detta della scienza, fa perdere il piacere del cibo e della convivialità. Nonostante ciò, è confortante vedere più della metà (55%) che afferma di voler ridurre di molto questa abitudine (33%), se non eliminarla completamente (22%).

“Ritrova il gusto della conversazione” il motto, il claim, la campagna. Ha interessato per ora ristoranti di Milano Napoli e Roma che hanno invitato i propri clienti per un giorno a riporre il cell e dedicarsi ai sentimenti diretti. Non male come prova generale.