Genitori e studenti in piazza: “Scuola in presenza”

MANTOVA  Anche questa domenica piazza Sordello ha ospitato gli esponenti del movimento nazionale “Scuola in presenza” e dell’associazione “Scuole aperte Mantova” che hanno manifestato pacificamente.
Cappelli a cono d’asino, per denunciare la dispersione scolastica, campanelle, a scandire gli intervalli che non si fanno più nelle classi, zaini e slogan dei bambini, a significare che soprattutto scolari e studenti chiedono una interruzione della Dad: questi gli oggetti-simbolo portati in piazza dai manifestanti perché il loro grido d’ aiuto rivolto alle autorità faccia capire che la chiusura degli istituti scolastici non incide nella riduzione del contagio o dell’indice pandemico, ma piuttosto mina l’equilibrio e la salute psico-fisica di tutti i giovani e giovanissimi.

“Noi Famiglie Invisibili”, rappresentati da un gruppo di famiglie del Bresciano, iniziano a parlare con il volto coperto da una maschera bianca perché «nessuno si è mai rivolto a noi come entità esistenti e reali; abbiamo l’impressione ci sia stato negato anche un diritto minimo di umanità».

Proseguono, con grande dignità e fermezza, nel perorare la loro causa: «Abbiamo accettato tutto, banchi a rotelle, ettolitri di soluzione igienizzante, riassegnazioni delle aule, mascherine a “pannolino”, finestre spalancate in pieno inverno per far circolare l’aria. Tutto questo non è servito a nulla; a distanza di un anno – dopo un susseguirsi di zone gialle, arancioni e rosse – abbiamo ancora le scuole chiuse. Non vogliamo più la Dad e, soprattutto, il gioco della “Strega Comanda i Colori” lasciamolo fare finalmente ai bambini!».

Vengono lette lettere scritte da insegnanti elementari che raccontano di bambini con i lacrimoni agli occhi quando hanno saputo che dovevano lasciare la loro maestra e i loro compagni una volta ancora. Mamme che raccontano di essere andate con i propri figli sotto le finestre delle scuole frequentate dai loro ragazzi per dare una parvenza di normalità alla Didattica a distanza; sì perché «come dice De Luca, i nostri figli non sono stati cresciuti con il “latte al plutonio”» conclude un’altra madre chiedendo solo aiuto affinché si divulghi la situazione reale di una didattica fredda e inservibile.

La sofferenza che tutti gli studenti stanno provando, nell’isolamento delle loro case e nell’impossibilità di tornare ad una scolarità normale, è innegabile ed è confermata anche dalle parole del dott. Hussein Tafla, pediatra mantovano. «Il disagio a livello psicologico nei giovani e nei bambini– spiega Tafla – è cresciuto in maniera esponenziale nell’ultimo anno. La mascherina sicuramente aiuta nella non trasmissibilità del virus ma per i disturbi dell’umore non può fare nulla. In ambulatorio mi capita di vedere sempre più frequentemente ragazzi con disturbi dell’alimentazione, irritabilità, aggressività estrema, per non parlare poi di veri e propri gesti di autolesionismo. Non dobbiamo dimenticare che fino a qualche tempo fa ci si preoccupava di dire che non dovevamo lasciare i ragazzi davanti ad un PC se non per un tempo limitato; ora siamo noi adulti che li obblighiamo a rimanere davanti ad uno schermo a volte per più di 8 ore».

Barbara Barison