La sardina si sogna Balena bianca

MANTOVA L’esordio delle “sardine” virgiliane è improntato all’idea fondamentale di “libertà”, parola che campeggia nelle citazioni iniziali del discorso di  Sergio Trapasso tratte da Nelson Mandela e da papa Wojtyla, con prolusione libertaria di Jovanotti e trionfalismo conclusivo del “Vincerò” di Pavarotti. Immancabile, neanche dirlo, il “Bella ciao” che ormai connota il movimento come un’impronta digitale.
Slogan, per la verità, a parte questo, non ne sono volati. E certo anche questo ha contribuito alla indubbia riuscita dell’evento che ha richiamato in piazza Sordello oltre mille persone (inferiori le stime delle forze dell’ordine, e inevitabilmente superiori quelle degli aderenti). Quanto ai temi, il repertorio si allarga a 360 gradi, forse per accontentare tutti, o per non scontentare nessuno.
In linea col libertarismo dichiarato, si parte con la censura dei sovranisti-populisti alla politica dell’esclusione smentendo il calo degli arrivi di migranti (e qui si legge in filigrana la polemica con il leghismo salviniano), ma subito si va in glissando anche con qualche bacchettata alla politica economica internazionalista che ha caratterizzato il centrosinistra: «Qui non c’è una invasione di stranieri, ma di industrie straniere».
E perché non si pensi a un’adesione malcelata alla sinistra, ecco un luogo comune del centrodestra prendere inaspettatamente il campo, evocando il ben noto “Parlateci di Bibbiano”. Non certo con strumentalizzazione verso una sigla politica, ma come caso di indiscussa incidenza sociale, sula quale, a detta dell’oratore, pare essere calata una inspiegabile cortina di silenzio.
La conclusione invero rimbalza sulle bocche dei partecipanti, molti sicuramente incuriositi, altri sicuramente convinti: si parte come sardine, ma l’obiettivo – o quantomeno il sogno nel cassetto – è quello di diventare una “balena bianca”. Un movimento di popolo per contrastare il “pericolo” del momento individuato in una classe estesa di politici, dove forse nessuno viene apparentemente risparmiato. Un altro movimento pentastellato, dunque? Forse, ma senza tanti strilli e senza “vaffanday”. La parola d’ordine era e resta una sola: “libertà”. O chissà, per una politica di restaurazione, forse “Libertas”.