Nel nome del padre, del figlio e dell’associazione a delinquere

MANTOVA Sarà pur vero che uno i parenti non se li può scegliere, però certe frequentazioni (e parentele) non sarebbero casuali. È questa la convinzione degli inquirenti riguardo ai Todaro, figlio e padre, ritenuti figure centrali dell’inchiesta Sisma che la scorsa settimana ha portato i carabinieri di Mantova ad eseguire 10 ordini di custodia cautelare emessi dal gip su richiesta della Dda di Brescia. Il rapporto di parentela che collega Raffaele Todaro, il padre, Giuseppe Todaro, il figlio, alla ‘ndrangheta è Antonio Dragone, boss dell’omonima cosca calabrese in guerra con i Grande Aracri, ucciso nel 2004. La figlia di Dragone è stata la moglie, ora separata, di Raffaele Todaro e madre dell’architetto Giuseppe. Ma per gli inquirenti, che li accusano di vari maneggi per trarre profitti illeciti dalle pratiche di ricostruzione post terremoto, padre e figlio non sono solo accidentalmente genero e nipote di un capo-clan sconfitto e assassinato dalla cosca rivale dei Grande Aracri, ma sono legati a un’organizzazione di stampo mafioso ancora attiva. È una convinzione, questa degli investigatori della Dda, che emerge in più punti dell’ordinanza che ha portato al blitz dello scorso 10 gennaio. Tra le constatazioni fatte dagli inquirenti Raffaele Todaro era l’uomo di famiglia che andava a trovare Antonio Dragone quando era in carcere a Sollicciano di Firenze e che, secondo una registrazione agli atti del processo Scacco Matto, faceva da portavoce del boss nelle iniziative per contrastare l’ascesa dei Grande Aracri. Il nome di Todaro senior torna poi alla ribalta in tempi più recenti, quelli del maxi-processo Aemilia e del processo Pesci alla Corte d’appello di Brescia, dalle cui testimonianze è emerso che fra le due cosche si sono riequilibrati i rapporti proprio grazie agli arresti che hanno colpito il clan Grande Aracri. Si sarebbe perfino ripreso a fare affari in comune. L’architetto Giuseppe Todaro in varie intercettazioni avrebbe inoltre le proprie parentele mafiose per intimorire i tecnici del Mantovano con cui aveva rapporti nell’istruzione delle pratiche di finanziamento per il recupero degli immobili danneggiati dal sisma. “A Cutro – diceva in un colloquio telefonico – mi vedono come un eroe per la storia di mio nonno”. Basteranno queste intercettazioni e quanto raccolto in due anni di indagini a sorreggere l’accusa di associazione a delinquere? Per ora dall’inchiesta Sisma oltre agli episodi di corruzione, emergerebbe anche la permanenza di legami con la ‘ndrangheta; quelli che hanno fatto scattare l’aggravante delle finalità mafiose.