Referendum, flop annunciato e harakiri della sinistra: a Mantova seggi disertati da due elettori su tre

MANTOVA – In 90mila alle urne su oltre 300mila aventi diritto, sono i numeri che certificano un flop percentuale annunciato, ma che comunque lascia ai soggetti promotori dei 5 referendum (principalmente Pd e Cgil) un margine di soddisfazione: la provincia di Mantova è risultata 4ª in Lombardia per partecipazione, ed è scontato l’esito plebiscitario del “sì” abrogativo ai 4 quesiti sul lavoro; quesiti peraltro che andavano a minare leggi varate dalla stessa sinistra, come quella sul jobs act e sulla modifica dell’articolo 18.
Massima soddisfazione invece per i no-referendum del centrodestra nel vedere che il 5° referendum (quello volto ad abbassare a 5 anni anziché 10 gli anni per ottenere la cittadinanza italiana) si è rivelato un boomerang per la stessa sinistra proponente, al punto che il 60% dei voti espressi va comunque in direzione del mantenimento della normativa vigente. Insomma, non solo un flop, ma un vero “harakiri” per la sinistra nazionale.
Ne prendono atto i protagonisti, a partire da Adriano Stabile, segretario provinciale dei Dem: «Ci siamo mobilitati con la genuina speranza di poter garantire qualche diritto in più a tutte quelle persone che, per vivere, hanno bisogno di lavorare. L’unico obiettivo possibile, come ha ben spiegato Landini nel suo appassionato intervento a Mantova, era il raggiungimento del quorum. In ogni caso, questa campagna ha avuto il merito di rimettere il lavoro là dove deve stare, al centro del dibattito politico, perché il lavoro tocca la carne viva delle persone: la capacità di arrivare alla fine del mese, di riempire il carrello della spesa, di costruire un futuro dignitoso. Non abbiamo mai pensato che questo referendum potesse essere un punto di arrivo ma, anche alla luce dei limiti intrinseci di uno strumento abrogativo, lo abbiamo sempre considerato un punto di partenza, l’inizio di un percorso lungo e necessario. Ringrazio di cuore tutte le militanti e i militanti che hanno aderito con fiducia ai comitati. Ora la piattaforma va allargata, tenendo conto del voto, e riempita di contenuti, di nuove speranze e alleanze. Serve un nuovo patto sociale che guardi al futuro e soprattutto ai giovani: sia a chi sceglie lavori tradizionali, sia ai tanti che sperimentano nuove forme di lavoro; sia a chi è dipendente, sia a chi è autonomo; e anche a chi ha la capacità e il coraggio di dar vita a piccole realtà innovative, in grado di generare ricchezza, occupazione e sviluppo», conclude Stabile.