MANTOVA «Sono sei anni che non siamo riusciti a sapere nulla, è vero che è stato rapito in una zona di guerra ma alcune zone sono state ormai liberate dal novembre 2017». Così, Francesca Dall’Oglio, sorella di padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita di origini mantovane scomparso in Siria ormai sei anni fa. Con la voce rotta dal pianto, è intervenuta in una conferenza stampa nell’anniversario della sparizione. «Le ultime notizie? Noi non abbiamo nessuna conferma, né vivo, né morto. Si poteva fare molto di più e vorremmo anche capire il giallo della sua valigia ritrovata col portafogli». Già un anno fa, dopo la liberazione di Raqqah, la famiglia di padre Dall’Oglio aveva fatto appello affinché si potesse indagare nei luoghi della sparizione del loro congiunto. «Nel 2013 – ha detto la sorella Francesca – l’Isis non era ancora nato, forse ci si poteva andare a Raqqah a sapere qualcosa. Ora – ha sottolineato – Raqqah è occupata dai nostri alleati della Nato, ma a noi solo rassicurazioni verbali che si sta lavorando per arrivare a una verità. Siamo rientrati in possesso – ha quindi rivelato – dei beni personali di Paolo, una piccola valigia che ha lasciato a Raqqah, solo nel 2018, quando era in possesso degli investigatori in Italia dal luglio 2014. Ci siamo arrivati da soli, bastava che ci dicessero che qualcosa di Paolo c’era in Italia. Che cosa c’era dentro? Il suo zucchetto, il suo portafoglio, qualcosa che ha potuto vedere la sua mamma e i suoi fratelli». Francesca ha ricordato che Dall’Oglio era un cittadino italiano. Quindi, ha risposto alla domanda se pensa che ci sia un collegamento tra la lettera di papa Francesco al presidente siriano Assad sulla situazione umanitaria di Idlib in cui c’è anche un riferimento al tema dei prigionieri politici, e la vicenda del fratello: «Non sappiamo, la lettera del Papa per noi è un appiglio, una speranza».