MANTOVA Non basta essere condòmini in uno stabile per sentirsi in diritto di aprire un passaggio su un muro condominiale. E in forza di questo principio i proprietarî di palazzo Acerbi-Cadenazzi hanno chiuso già a dicembre la trattativa con il Comune, negando all’ente l’unanime assenso per poter fare entrare i turisti nella recuperata Torre della Gabbia di via Cavour. Senza l’assenso della totalità dei millesimi al Comune pare non rimanga che assumere una decisione d’imperio e tirare dritto per la propria strada, sapendo comunque che il proposito non rimarrà esente da conseguenze legali, peraltro già annunciate da ambe le parti.
In séguito al naufragio della trattativa, pare infatti che il sindaco Mattia Palazzi sia intenzionato ad aprire al pubblico la Gabbia già da questa primavera, mantenendo fede alla promessa fatta nel 2015, al primo anno del suo mandato, di restituire la monumentale torre duecentesca all’uso pubblico fornendo ai visitatori l’opportunità di una vista mozzafiato sulla “città vecchia” dal più alto belvedere disponibile. Per contro, i condòmini del palazzo, mancando l’unanimità alla concessione, non solo stanno predisponendo una causa al Comune per avere trasgredito alle prescrizioni del rogito di cessione della torre che ne vietava l’accesso pubblico dalle unità abitative annesse, ma sembrano intenzionati addirittura a imporre legalmente la chiusura dell’accesso al cavedio della Gabbia ricavato bucando un muro perimetrale, e quindi condominiale; apertura realizzata senza l’assenso dell’assemblea – e forse anche – ipotizzano alcuni – senza la necessaria autorizzazione della Soprintendenza competente.
Non si tratta di un problema di poco conto per l’amministrazione, dato che sulla Torre della Gabbia ha investito tantissimo in termini di programma culturale, e anche in termini di soldi. I lavori per rendere agibile la torre sono iniziati sette anni fa, e proprio il braccio di ferro con Palazzo Acerbi ha sinora vanificato quell’apertura al pubblico, per la quale sono stati spesi oltre 3 milioni di euro, compreso il consolidamento strutturale, i restauri interni, la dotazione dell’ascensore e dell’impianto di chiusura sulla lanterna, oltre all’acquisto dell’appartamento ipotizzato come accesso al monumento, museo delle torri civiche, area di ristoro con tanto di bookshop e quant’altro.
«Voglio che su questa torre vengano i filosofi a meditare», aveva dichiarato Palazzi giustificando la bontà dei suoi propositi volti a riaprire al pubblico un monumento inagibile da svariati secoli. Ma non aveva fatto i conti con i condòmini e con il rogito del 1987 che condizionava l’accesso alla torre a un solo possibile ingresso: l’ex negozietto delle fotocopie di via Cavour.
Da qui il lungo braccio di ferro tra Comune e condòmini, con una trattativa addirittura secretata persino ai consiglieri comunali. Via Roma si è fatta avanti con più proposte, e pare che qualche proprietario si sia reso disponibile a eventuali transazioni economiche. Ma per stringere l’accordo serve necessariamente quella unanimità, che ad oggi non c’è, e la partita si fa sempre più difficile per il Comune. Il quale potrebbe portare a termine il suo obiettivo con un’azione di forza, non senza andare incontro a una causa legale dal rischiosissimo esito, peraltro con la vanificazione di ingenti capitali e danno erariale.