MANTOVA Secondo appuntamento con gli approfondimenti della serie Flash d’Arte, al Tempio di San Sebastiano. Protagonista dell’incontro di ieri, aperto dalla direttrice dei Musei Civici di Mantova Veronica Ghizzi, il Rinascimento virgiliano in terracotta, narrato dallo storico dell’arte Marco Scansani, che per l’Università di Trento si occupa di un progetto di mappatura degli scultori quattrocenteschi in terracotta nella valle del Po. Posto in secondo piano durante il Medioevo, il materiale in questione viene rivalutato nel Quattrocento, grazie in particolare al lavoro di Michele da Firenze, che si specializza nel settore ed esporta modelli in terracotta in tutta l’area padana. Compresa Mantova: un esempio ne è il crocefisso di San Benedetto Po, al Polirone. Accertato è anche l’arrivo nelle nostre zone di sculture di Donatello e di una testa in terracotta invetriata di Andrea della Robbia. Testimonianze di scambi e influenze artistiche tra differenti territori. Tra i plastificatori mantovani documentati, in realtà pochi, Elia della Marra e Sperandio Savelli. La vera novità in tale ambito è però costituita dalle cinque statue in terracotta, oggi conservate nel Tempio di San Sebastiano, provenienti dalle nicchie di una abitazione di via Frattini: le figure centrali rappresentano tre apostoli, quelle laterali una scena di annunciazione. Per vastissimo tempo la critica le ignora. Un primo cenno alle sculture giunge nel 1908, ad opera di Adolfo Venturi. Che li descrive come lavori in pietra. La svolta giunge nel 1958, quando il proprietario della casa – lo scultore Giuseppe Menozzi – cede allo Stato i manufatti, ne cura il restauro e ne fa delle copie, tuttora visibili sulla facciata del palazzo. L’anno successivo il soprintende Giovanni Paccagnini si occupa dello studio dei cinque pezzi, riferendoli ad Andrea Mantegna. Le statue fanno parte della storica mostra cittadina dedicata all’artista nel 1961. Ma la critica si divide circa la definitiva attribuzione delle opere.
Delle quali rimane ad oggi misterioso l’autore. Così come la destinazione. Possibile è che – a seguito di comparazioni e indagini – arrivino da contesti diversi o siano state realizzate in più fasi, la manifattura sia lombarda e siano state realizzate verso la fine del Quattrocento. E che fossero destinate a essere collocate all’interno di una chiesa. Ma buona parte della storia sul tema è ancora da scrivere.
Il prossimo incontro della rassegna Flash d’Arte è in programma il 29 novembre: relatori Salvatore Settis e Carmine Ampolo, presso il Maca San Sebastiano.
Ilaria Perfetti