MANTOVA Il vecchio Carlos (78 anni il prossimo 20 luglio) ci ha provato a spezzare l’ondata di caldo record con la danza della pioggia di Woodstock, ma Santana non fa miracoli; suona. Un’ora e 40 minuti abbondanti di festa latina ieri sera in piazza Sordello con la band del chitarrista ispano-americano, prima data del Mantova Summer Festival. La dichiarazione di intenti è stata più che chiara fin dalle battute iniziali del concerto: Crowd rain chant direttamente dal triplo album Woodstock del festival rock per definizione “mixato” dal vivo con Soul sacrifice proprio come nel vinile del 1969. Un trucchetto che Santana faceva già nel tour del 1989 e che funziona ancora, oggi più che mai. La differenza è che 36 anni fa era l’hi-light del concerto, oggi è l’apertura vera e propria. La partenza dagli albori potrebbe fare pensare a un ritorno al futuro che in realtà non c’è. Il pezzo più recente della scaletta di ieri sera è datato 2020, per il resto si arriva al massimo ai primi anni 2000. Ma in fin dei conti che importa se il repertorio di questa band comprende pezzi come Black Magic Woman, Gypsy Queen, Evil ways e Oye como va. Via allora alla festa dei 9mila accorsi a Mantova da ogni dove, compreso l’estero, che ballano sul ritmo indiavolato di quel capolavoro di rock tribale che è Jingo, o che si lasciano cullare dalle seduzioni latineggianti di Maria Maria e Corazón espinado. La band di Santana, che ha per punte di diamante il bassista Benny Reitvild e la batterista Cindy Blackman in Santana (che nel finale ha dimostrato, se ce n’era bisogno, di non essere nella band solo perché è la moglie del capo), riemerge da quelle atmosfere puntando sul rock diretto e senza compromessi di Everybody’s everything e Hope you’re feeling better. Santana, nel senso di Carlos, suona quasi sempre seduto ai piedi della cattedrale di tamburi della moglie, e lascia spesso spazio agli altri musicisti, fa un apoello per la pce riservandosi qualche momento sotto i riflettori come in una versione abbastanza breve di Samba pa ti, e non esente da qualche sbavatura. Ma in fondo è proprio in queste “imperfezioni” il fascino di un concerto senza particolari hi-lights, se non la versione di She’s not there e di Toussaint l’overture nei bis. Santana suona come Santana nel 2025 e non come un disco del 1969, la sua chitarra però graffia ancora e la band è più che rodata e affiatata, una macchina da guerra alla quale basta essere lasciata libera di suonare per fare ballare tutta la piazza, e quando la gente balla non c’è spazio per la nostalgia.