Accoltellamento di Suzzara, per Tafa confermata l’accusa di tentato omicidio

MANTOVA Confermata l’accusa di tentato omicidio premeditato con l’aggravante di averlo commesso nei confronti di un familiare: ieri  Artan Tafa, il 48enne che lunedì pomeriggio aveva accoltellato la ex moglie nel parcheggio della sede Cgil di Suzzara, è stato interrogato, nel reparto dell’ospedale di Mantova in cui è piantonato da lunedì sera, dal Gip di Mantova  Gilberto Casari e dalla pm  Paola Reggiani. Nel corso dell’interrogatorio di convalida, l’uomo – assistito dai suoi legali  Luca Faccin e  Sonia Bussolotti – avrebbe ribadito di non avere pedinato la propria ex consorte ma di averla incontrata per caso; e che quanto successo si sarebbe verificato dopo una furibonda lite degenerata in una susseguente colluttazione. Il Gip di Mantova ha comunque – di fatto- respinto le spiegazioni addotte dall’uomo e per lui, una volta concluse le cure nel nosocomio mantovano, si apriranno le porte del carcere: il giudice mantovano ha ritenuto che sussista ancora il pericolo di reiterazione del reato.
Nel corso dell’interrogatorio il 48enne di origini albanesi si sarebbe soffermato anche su uno degli aspetti più drammatici della vicenda, ovvero il suo tentativo di suicidio una volta ferita la ex moglie ed essersi dato alla fuga: l’uomo – che si era rifiugiato in un parcheggio di via Marangoni – avrebbe tentato di vibrarsi un colpo di coltello al petto per poi provare a soffocarsi utilizzando una stringa delle proprie scarpe. Su un aspetto Artan Tafa sarebbe stato categorico: egli non avrebbe seguito la moglie ma si sarebbe recato a Suzzara per una seduta da un fisioterapista e avrebbe scorto per caso l’auto della donna nel parcheggio. Sul fatto che egli fosse in possesso di un coltello egli avrebbe provato a giustificarsi asserendo che tale arma gli servirebbe per tagliare la cintura di sicurezza in caso di emergenza, memore di quanto avvenuto quattro anni fa a suo padre, deceduto in un incidente stradale. La versione del 48enne, ovvero quella della lite poi degenerata in spintoni, calci e pugni e solo successivamente culminata nell’utilizzo dell’arma, cozzerebbe però con alcune delle testimonianze raccolte dagli inquirenti sul luogo della terribile aggressione.