Il merletto di Casa Andreasi in mostra ad Anversa

MANTOVA – Corsi e ricorsi storici. Che portano un merletto custodito presso la casa della beata Osanna Andreasi ad essere esposto in una mostra sulla storia della moda ad Anversa. La vicenda parte nel 2013, come narrato dalla vice presidente dell’Associazione per i monumenti domenicani di Mantova Rosanna Golinelli Berto: in quell’anno l’esperta di storia della moda e del costume Thessy Schoenholzer Nichols contattò Golinelli per approfondire gli studi circa l’abito della beata, depositato presso la sede di via Frattini. Fu così che la storica prese parte al successivo convegno in occasione del quinto centenario della beatificazione di Osanna Andreasi, nel 2015. Ma, oltre alla valutazione delle vesti della religiosa, datate al 1465, altri elementi di valenza balzarono all’occhio dell’esperta svizzera: un sacchetto di lino, un batuffolo non ancora filato, un primo filo in lavorazione e circa cinquanta centimetri di filo lavorato, datato tra la fine del Quattrocento e i primi anni del Cinquecento.
Così Tessy, che fa parte del team organizzatore della mostra che partirà ad Anversa il prossimo 22 settembre, ha richiesto di poter esporre il merletto, con tutta probabilità di proprietà di Osanna Andreasi. Il manufatto sarà sistemato in uno dei quattro centri scelti per l’iniziativa, ossia la chiesa di San Bartolomeo, che raccoglie una rilevante collezione di merletti fiamminghi, oltre che lavori dell’artista Pieter Paul Rubens, a ulteriore collegamento con la nostra città. Il luogo è, oltretutto, sede dei bollanti, ossia i massimi esponenti della cultura agiografica mondiale, che hanno nel tempo preso in esame anche gli scritti inerenti la beata Osanna.
Ce ne sarebbe abbastanza per scrivere un libro. Aggiungiamo pure che Anversa, in tempi ben più recenti, è tornata capitale del fashion system grazie ai sei designer che tra gli anni Ottanta e Novanta salirono alla ribalta internazionale del settore, dei quali oggi Dries Van Noten resta il più popolare e celebrato. E proprio al lavoro del gruppo di stilisti è particolarmente orientato il contenuto del MoMu, il Museo della moda della città, motore della mostra, che parte dai primi tentativi di impreziosire i capi, anche attraverso l’applicazione di merletti.
L’occasione fa sovvenire, ancora una volta, come in Italia manchi, invece, un museo dedicato alla storia della moda, a parte sparute e parziali eccezioni come il Mudec di Milano, che possa narrare e conservare in modo completo l’evoluzione nazionale del costume.