MANTOVA Quarant’anni di Parco del Mincio ed il presidente Maurizio Pellizzer traccia un bilancio sommario.
È stato eletto nel 2012 con un accordo PD-PDL ai tempi, e riconfermato nel 2024 all’unanimità Com’è cambiato il Parco dal 2012?
“Non c’è più una questione di appartenenza politica nella scelta degli amministratori, ma l’interesse a nominare persone che fanno crescere il parco condividendo le competenze necessarie. Ogni amministratore prende decisioni utili, non perché spinto da partiti politici, ma perché l’azione serve al Parco. Questo ci permette di essere liberi nelle scelte, discusse e approvate dalla Comunità del Parco”.
Il progetto più importante in atto adesso?
“Gli interventi sull’ecosistema fluviale, in particolare sulle acque delle Valli del Mincio. La qualità dell’acqua nelle Valli è scarsa e richiede interventi per migliorare l’habitat, prevenire la bonifica dei canali, e preservare la biodiversità, oltre che tutelare la loro funzione di “polmone”, per trattenere CO2. Parliamo soprattutto di lavori ingenti, e anche costosi, per la pulizia dei canali. Il sistema delle Valli del Mincio è suddiviso in due tipi di reticoli idrici. Il reticolo principale è gestito dall’AIPO (Agenzia Interregionale per il fiume Po), responsabile della manutenzione e pulizia delle acque e degli alvei. Il reticolo idrico minore, invece, è gestito dai consorzi di bonifica e dai comuni, e deve essere incluso nei piani di governo del territorio. La nostra attività si inserisce in questo contesto. Inoltre grazie al progetto “iCOSHELLs”, è partito un percorso di studio con l’Università di Trento dove vogliamo trasformare un problema (la grande massa di scarto organica raccolta nella pulizia dei canali) in un’opportunità, trasformandola in un ammendante di qualità del sistema agricolo creando un’economia circolare di natura ambientale. Questo permetterebbe di risparmiare dai 30.000 agli 80.000 euro annuali, attualmente spesi dal parco per la manutenzione. Le risorse risparmiate potrebbero così essere utilizzate per migliorare la gestione dei canali. Sottolineo l’importanza della collaborazione con il mondo agricolo: siamo definiti un parco agricolo fluviale da Regione Lombardia. Questo implica che l’interesse dell’agricoltura è fondamentale per noi. L’agricoltura e l’ambiente devono lavorare insieme per garantire la sostenibilità delle risorse idriche e della biodiversità del parco, oltre che la manutenzione delle sponde e il controllo delle nutrie, che minacciano l’integrità dei canali. La soluzione passa attraverso una gestione integrata e collaborativa delle risorse, valorizzando l’interazione tra agricoltura e ambiente. Nello specifico, elemento chiave per la gestione integrata e collaborativa delle risorse è il Contratto di Fiume. Questo strumento rappresenta un accordo tra vari attori del territorio (enti pubblici, privati e associazioni) per la tutela e la valorizzazione del bacino fluviale. Il Contratto di Fiume funge da guida strategica per garantire la sostenibilità ambientale, economica e sociale del sistema fluviale, promuovendo azioni concrete e condivise per migliorare la qualità delle acque e dell’ambiente circostante”.
C’è il rischio che le Valli si possano bonificare quindi?
“Sì, c’è un serio rischio di interrimento. Alcuni canali stanno perdendo la loro funzione e le associazioni ambientaliste stanno facendo pressione per migliorare la circolazione dell’acqua. Le Valli hanno valore se l’acqua scorre. Il nostro obiettivo è anche quello di evitare la riduzione delle aree umide, che è un problema globale aggravato dai cambiamenti climatici”.
Perché il Parco si è opposto al progetto della navigabilità del Mincio?
“Non ci siamo opposti alla navigabilità in sé, ma abbiamo sollevato preoccupazioni sulla fragilità dell’habitat delle Valli. Abbiamo chiesto uno studio di incidenza per assicurare che le imbarcazioni non compromettano l’ecosistema, che va tutelato con la massima attenzione”.
Come vede il Parco fra 40 anni?
“Immagino un Parco in cui ogni realtà, sia agricola che industriale, collabori per garantire un interesse collettivo. Vorrei un Parco che lavora nell’interesse di tutti, senza divisioni, dove tutti gli attori partecipano alla crescita e alla sostenibilità del territorio”.
Antonia Bersellini Baroni