L’intervento più veloce per sterilizzare gli effetti negativi sull’edilizia delle nuove norme è confermare le detrazioni d’imposta dalla dichiarazione dei redditi. E’ quanto è emerso dalla riunione convocata due giorni fa da Palazzo Chigi con le imprese e le banche, per trovare una soluzione al problema della cessione dei crediti, di fatto stoppata (almeno verso gli enti locali) dal decreto varato la settimana scorsa in Cdm. Il sistema delle imprese italiano è in fibrillazione, ma alla fine dell’incontro le varie associazioni sono uscite un po’ meno preoccupate. «Abbiamo avuto un confronto franco e una grande consapevolezza, da parte del governo, che vanno sbloccati i crediti pregressi», ha detto la presidente dell’Ance, Federica Brancaccio. Spiegando che c’è stata «un’apertura agli F24, una delle misure proposte da noi e dall’Abi, e un tavolo tecnico immediato anche per il futuro, quindi, possiamo dire di essere soddisfatti » .
Per l’esecutivo sono stati il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, e il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, a tenere le file del tavolo assieme il vice ministro al Mef, Maurizio Leo, e la vice ministra delle Imprese e del Made in Italy, Fausta Bergamotto. Per Abi, invece, è stato il direttore generale, Giovanni Sabatini, a prendere parte alla riunione, così come l’amministratore delegato Dario Scannapieco per Cassa depositi e prestiti, il ceo Alessandra Ricci per Sace e il direttore Ernesto Maria Ruffini per l’Agenzia delle entrate. L’obiettivo comune resta quello di individuare una soluzione immediata per i cosiddetti “crediti incagliati”, oltre a una strutturalità per evitare che in futuro possano esserci altri intoppi. C’è «la ferma determinazione» del governo «a porre rimedio agli effetti negativi della cessione del credito correlata ai bonus edilizi », fa sapere Palazzo Chigi in una nota. Ribadendo che, a partire dal decreto legge approvato lo scorso 16 febbraio, l’impegno è quello di «trovare le soluzioni più adeguate per quelle imprese del settore edilizio che hanno agito correttamente nel rispetto delle norme». Mettendo in chiaro che si tratta di una situazione, che l’esecutivo Meloni «ha ereditato » sui crediti maturati e che il sistema bancario ha difficoltà ad assorbire.
Per questo il governo assicura che la questione «verrà esaminata al più presto, in un tavolo tecnico al quale saranno presenti i rappresentanti delle associazioni di categoria intervenuti» e che servirà a individuare «norme transitorie al fine di fornire soluzioni nel passaggio dal regime antecedente al decreto legge a quello attuale, tenendo conto della situazione delle imprese di piccole dimensioni e di quelle che operano nelle zone di ricostruzione post-sisma». Problema, quest’ultimo, sollevato da tutte le sigle convocate. Ma c’è anche chi, come Confapi, ha tenuto il punto su altri aspetti della vicenda: «Abbiamo caldeggiato l’intervento di Cassa depositi e prestiti perché i lavori che noi andiamo a realizzare come artigiani sono di piccolo importo – ha spiegato il presidente, Marco Granelli -, che sono poco appetibili al sistema bancario essendo di scarsa rigenerazione per loro. Questo mi si dice che non è possibile in questo momento, ma noi continueremo a chiederlo». Sempre lunedì scorso, a margine di un convegno, Pichetto aveva spiegato che «sul Superbonus non era possibile fare diversamente », ma «adesso il governo valuterà anche rispetto a quelle situazioni che hanno determinato circa un 15 miliardi di crediti incagliati: le aziende falliscono non perché abbiamo bloccato la cessione del credito, ma perché nessuno gli comprava il credito». Anche se la cifra di cui hanno parlato le aziende al termine del vertice è circa 19,8 miliardi.
La riunione di Palazzo Chigi ha abbracciato diversi fattori, come quelli sollevati da Cna: «Abbiamo avuto disponibilità a discutere, come proponeva lo stesso premier, di binari nuovi e diversi per il futuro degli incentivi», ha detto il presidente di Cna, Dario Costantini. Sottolineando di aver chiesto «di continuare questo tavolo, che deve diventare tecnico, urgente, immediato per dare una risposta alle pressioni che ci arrivano delle imprese: parliamo di un comparto in fibrillazione di 600mila imprese, di cui 540mila sono rappresentate da artigiani e pmi». Non è escluso che possano esserci altri incontri, anche se al momento non è in vista una nuova convocazione. Ma il primo passo è fatto.
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