MANTOVA – All’appello mancava solo lui, l’ultimo componente della banda rimasto fino ad ora a piede libero. Ma gli investigatori sono riusciti alla fine ad individuarlo e a fargli scattare le manette ai polsi. I carabinieri lo hanno infatti scovato l’altro ieri a Gonzaga a casa di un familiare. E gli hanno notificato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari di Ravenna Corrado Schiaretti su richiesta del sostituto procuratore Lucrezia Ciriello. Con il 44enne Rabi Moktafi, detto “Rachid”, originario del Marocco e residente a Sant’Arcangelo di Romagna, tutti i destinatari della misura cautelare sono ora stati catturati. L’indagine dei carabinieri del nucleo Investigativo di Ravenna denominata “Greppia” ha consentito di far piena luce su una intensa attività di spaccio di sostanze stupefacenti condotta dal sodalizio criminale tra l’aprile del 2019 e il gennaio del 2020; in totale l’attenzione dei militari dell’Arma si era focalizzata su 16 persone: escluso un ultrasettantenne di Civitella di Romagna morto più recente, a tutti gli altri 15 era dunque stata applicata la custodia cautelare in carcere. Per l’ultimo indagato – un infermiere dell’Ausl all’epoca in servizio alla casa circondariale di Ravenna e accusato di corruzione in concorso – la richiesta cautelare è stata respinta ma solo perché non sono state individuate con precisione le regalie che avrebbe ricevuto per traghettare messaggi tra un detenuto, in quel momento in cella, e la moglie, che figura tra i 15 sospettati finiti ora dentro. L’indagine, scattata dalle verifiche partite nel marzo 2019 da una rapina in banca messa a segno a Ravenna, aveva consentito di sequestrare oltre sette chili di cocaina e più di mezzo chilo di eroina. Collaudato il modus operandi della banda: la droga veniva acquistata da un grossista albanese in Belgio e Olanda e smistata in Romagna da due coniugi ravennati che, secondo la procura, erano al vertice del giro. Dalle intercettazioni telefoniche e ambientali, inoltre, era emerso che una donna tra i 15 indagati, aveva continuato a spacciare pure durante un ricovero ospedaliero.