Coronavirus, un disastro da 1,3 miliardi

MANTOVA È la storia di un disastro annunciato. Fra i dati inerenti le industrie e i servizi e il terziario in genere, il cataclisma covid-19 ha comportato per tutto il territorio mantovano una persita che si avvicina al miliardo e 300 milioni di euro.
Più precisamente, l’ammanco stimato nel fatturato sui 35 giorni di chiusura, dal 22 marzo (data di entrata in vigore del decreto presidenziale) al 26 aprile è stato calcolato in -1.259.916.289 euro, dei quali oltre 900 milioni nel comparto produttivo e oltre 350 nei servizi. Quasi un decimo del danno regionale, che a sua volta assorbe quasi un terzo dell’ intero dato nazionale.

Le stime sono frutto di un complesso incrocio di dati realizzato dall’Osservatorio Covidanalysis che è stato in grado anche di frammentare il dato globale, europeo e nazionale, sino a declinarlo comune per comune, e rendere la fotografia della pandemia nel suo risvolto ancora non documentato.

Dal quadro provinciale, di cui abbiamo preso a riferimento i principali centri produttivi e terziari, risulta evidente che l’area più penalizzata dalla pandemia è il Suzzarese, meno sofferente nel terziario, ma assai più degli altri distretti nel versante industriale: addirittura in 172 milioni sono stimate le perdite, contro una media che va dai 42 ai 49 milioni negli altri centri maggiori (Castiglione delle Stiviere, Castel Goffredo, Mantova e Viadana).
Il capoluogo, dal canto suo, ha denunciato la maggiore sofferenza proprio nei servizi, dove la perdita secca di questi due mesi è stata di oltre 72 milioni, contro i 47,6 delle proprie industrie.
Le informazioni presentate dall’Osservatorio forniscono una quantificazione delle variabili economiche utili per definire il peso sul settore produttivo di ciascun territorio regionale, provinciale o comunale di due gruppi di attività economiche: quelle che al momento sono sospese e quelle che potrebbero essere invece attive perché appartenenti a comparti produttivi autorizzati secondo i decreti governativi approvati a marzo.
In particolare la “fase 1” del lockdown dal 22 marzo al 27 aprile, ha visto chiudere mediamente, il 64% delle industrie e il 44% dei servizi. Se la possibilità di ricorrere allo smart-working, quindi, ha permesso a oltre la metà delle attività legate ai servizi di continuare a lavorare, molto più colpito è stato il settore dell’industria dove si va dal 71% delle fabbriche chiuse in Toscana al 59% della Basilicata.
Utilizzando i filtri di ricerca presenti sulla pagina è possibile scoprire il dettaglio di ogni singolo comune italiano, dove per ciascuno sono presenti i dati relativi alle industrie e ai servizi, quantificando per ciascun settore il numero totale delle attività aperte e di quelle sospese, il numero dei dipendenti, quello degli addetti e il relativo fatturato. Proprio quest’ultimo dato permette di stimare l’ammanco generato dal lockdown che per l’Italia ammonterebbe a oltre 130 miliardi (circa 65 per le industrie e altrettanti euro per i servizi). A pagare il prezzo più alto sarà il settore dei servizi della Lombardia, con un mancato fatturato di 19,9 miliardi, mentre l’industria lombarda farà registrare -16 miliardi di euro.