Dalle Grazie a Miramare ecco il “miracolo” dei santuari

MANTOVA – Reduce felice da una settimana di Grazie, nel senso di vita quotidiana passata “alle Grazie”, uno dei tre borghi dei borghi più belli d’Italia, tra cerimonie in Santuario e disegni in piazza, artisti madonnari e artisti librari, misteri della fede e sicurezze della cucina, il pensiero va -eccome se va-, ai vari santuari che negli ultimi tempi mi è capitato di visitare (anche) per lavoro.  (PS: ehi Binacchi, “predichi in giro” frasi brevi e parole croccanti, guarda qui già la prima frase è lunga come una betonica!)  Vabbè, un po’ di sana autocritica preventiva fa sempre bene.  Qui l’inizio un po’ articolato ci sta e si auto-assolve.

Vabbè, torniamo ai santuari. In quello di Monte Berico a Vicenza sono stato tre giorni per interviste e riprese e mi ha molto colpito l’atmosfera di raccoglimento e silenzio. Tanto che ho titolato quel servizio televisivo proprio “Dal silenzio alla parola”. Poi sono stato nel Santuario dell’Annunziata all’Impruneta, che è il Santuario dei fiorentini quella loggia notissima che è un segno architettonico e di fede di accoglienza e riparo, e il priore mi ha rapito l’attenzione con la riflessione della porta-passaggio.  Cercare segni giubilari nascosti a Firenze è stato sfidante e affascinante. Poi ho ricordi commossi e commoventi ancora delle tante tappe alla Madonna della Corona a Spiazzi dove quella nonna guardava i turisti più giovani con lo sguardo della nostalgia di vita. E poi quel ritorno a Pietralba, provincia di Bolzano,  dopo tanto tempo, appena dopo il Covid, con le mascherine ancora sulla bocca, sul naso e quasi sugli occhi. I pochi pellegrini, il suono dei passi, le campanelle delle cerimonie. Vita e gente in Santuario tra misteri ed emozioni. Preghiere, mani giunte, velette e ritornelli, libretti e incenso, panche e cartelli per le confessioni, luci che entrano dalle vetrate e l’ombra sulla balaustra inginocchiandosi al Santissimo: gesti condivisi e segni profondi che hanno un sapore di eterno. Segni e gesti che incontriamo e viviamo e ricordiamo Loreto come a Lourdes, al Divino Amore come alle Grazie, alla Comuna come alla Madonna della Guardia e al rosario serale assai partecipato da turisti e pellegrini quasi in riva al mare nel cuore della terra del divertimento che è Rimini e dove quasi all’improvviso trovi angoli di spiritualità e tracce di mistero. Sentivo una signora che diceva: “un giro in un santuario fa bene anche a chi non crede”.  Passa un gruppo di giovani, catene e tatuaggi, bermuda grandi e ciuffi prominenti, chissà di quale nazionalità sono?! Punk? Boh. Due si accorgono del rosario, si fermano in strada davanti al giardino con la Grotta di Lourdes, si tolgono la sigaretta elettronica dalla bocca, bisbigliano qualcosa e si fanno il segno della croce. Una signora sugli Ottanta sgrana gli occhi come avesse visto un miracolo. Un piccolo “miracolo” davanti a un piccolo santuario di mare.  Sarà poco, sarà tanto, sarà niente, è sempre qualcosa. E poi a ben pensare anche piccolo se è un miracolo è sempre una bella cosa.

Non è un Santuario ma nella chiesa parrocchiale di Massa Lombarda, provincia di Ravenna, c’è un quadro dell’Annunciazione che è stata presa come modello del santino del Giubileo. E lì c’è gente di santuario anche se formalmente santuario non è. Alle Grazie respiri Santuario già solo pronunciando il nome. Alle Grazie. Punto. Solo a vedere la facciata entri in atmosfera. Poi certo c’è la denominazione ufficiale, e diremmo canonica, Beata Vergine Maria delle Grazie, eppure basta dire alle Grazie e sei già lì, sei già qui, sei già dentro. Segni ed emozioni, sguardi e misteri.

Quella volta alla Corona, nel senso di Santuario della Madonna della Corona a Spiazzi, provincia di Verona, mi colpì molto lo sguardo della signora bionda seduta sulla panchina nel prato davanti all’albergo ha gli occhi vispi e curiosi. Veste sobria, giacchetta sulle spalle perché in montagna fa sempre un po’ freschino, guarda i turisti che parcheggiano l’auto e vanno a fare le escursioni.  Ma non sono escursioni con scarponi e picchetti, sono escursioni spirituali. È il grande parcheggio di Spiazzi Monte Baldo da dove si parte a piedi o in minibus per andare al Santuario della Madonna della Corona. Mezzoretta a piedi, cinque minuti in bus. La signora elegante scruta e poi decide di rompere il ghiaccio: “Potete andare a piedi. Io l’ho fatta stamattina all’alba: Si fa bene sapete. In un’oretta si arriva al Santuario e ci sono tutte le stazioni della Via Crucis per fermarsi e riflettere”.  E continua: “Vengo da Mantova, c’è la corriera che porta direttamente qui, si sta bene a Mantova ma c’è caldo, qui si sta meglio, son qui da due settimane. Cosa volete i miei figli hanno da fare e allora io sto qui. Leggo, guardo e quando mi va vado al Santuario”. È un continuo andirivieni di gruppi e coppie e anche di gruppi numerosi. Famiglie al completo, con nonni e nipoti piccoli che chiedono e pregano. Giovani e meno giovani, molti gruppi di anziani moderatamente tali, pronti a fare la discesa e alternare le stazioni della Via Crucis con le finestre sulla valle dell’Adige e rimanere a bocca aperta. C’è silenzio e rumore, c’è caldo e c’è fresco: si sentono voci in lontananza e il rombo del motore dell’autobus che si alterna con il clacson per farsi strada e avvertire che arriva. Sì dai in mezzoretta sei giù.  14 stazioni e una grande croce che si staglia nell’azzurro del cielo del Baldo. Natura e opera d’arte, scoperta e ricerca, respiro dei polmoni e respiro del cuore. Dopo l’ultima curva si intravvede la facciata del santuario da un lato incollato alla montagna e dall’altro a picco sulla vallata. Già un miracolo alla vista. E poi quella scalinata, ripida e allo stesso tempo invitante, per arrivare sul sagrato sospeso del Santuario che richiama pellegrini, fedeli, curiosi, turisti da tantissime parti d’Italia e del mondo. Tanti sono mantovani, poi ci sono ovviamente veneti e dalla parlata si sentono molti toscani ed emiliani.

Un Santuario appeso.  Ultima galleria, ultimo varco, ci sono il bar e il negozio di articoli religiosi e poche panchine e pochi tavoli per rifocillarsi. Poi su al Santuario. Qui ci venne il Papa Giovanni Paolo Secondo nell’aprile del 1988: una visita al Santuario della Madonna della Corona che in molti ricordano ancora oggi dopo tanti anni, dopo altri due papi. Pellegrinaggi che si mescolano al turismo, il turismo che diventa ricerca di senso e di spiritualità. Ceri, candele, ricordino, rosario e poi di nuovo alla curva dove passa il pulmino per tornare su al piazzale dove tutto è cominciato

Passa un’oretta e ricompare la signora dalla veste sobria e dallo sguardo lieto:” Avete fatto la camminata, vero che è bello! Anche io la faccio alla mattina. Eh, sono qui da settimane”. Prendo coraggio e un po’ sfrontato chiedo: Signora posso domandarle quanti anni ha? “Certo. Ne ho 92”.  Ci sono momenti in cui la vita è più poesia di una poesia.