MANTOVA Mantova La Mantova detta dei “grandi costruttori” sembra ormai una fotografia d’altri tempi ingiallita nell’album dei ricordi. Il quadro che esce dall’osservazione contingente evidenzia che quasi tutte le maxi-opere in corso in città da un po’ di tempo a questa parte non trovano protagoniste le imprese locali, salvo quelle eccezioni che finiscono solo per confermare una regola. Peraltro – complice la crisi del mattone – persino quelli che si consideravano “colossi” hanno finito per cedere in gran parte alle leggi dei tempi e del mercato, e ad oggi se ne può menzionare praticamente una sola: la Bottoli costruzioni Srl, che nel 2019 figura al 49° posto nella graduatoria italiana dell’edilizia privata promossa da un’autorevole società di ricerca insieme al “Sole 24 Ore – Edilizia e territorio”. «Proprio alla Bottoli era stata assegnata la mega-operazione di recupero di Palazzo Canossa, per un importo di 22,5 milioni di euro – conferma l’ex assessore comunale all’edilizia Celestino Dall’Oglio –. Da allora, si fanno sempre più rade le presenze delle imprese mantovane nei maxi-appalti, tanto pubblici che privati».
Una visione a colpo d’occhio suggerita dallo stesso ingegnere Dall’Oglio dimostra che in effetti la grande tradizione edile locale sta abdicando a favore di imprese più o meno lontane: dai consorzi emiliani a quelli romani, sino ad arrivare a ditte pugliesi. Il quadro, peraltro, potrebbe contemplare anche opere “minori” fra quelle in corso nella città: dal ponte ciclopedonale su Catena, dove hanno operato ditte veronesi e bresciane, e solo in minima parte mantovane; oppure il rifacimento di piazza Alberti, anch’esso affidato a un’impresa non virgiliana.
Mancanza di competitività? «Forse qualche volta sì – conclude Dall’Oglio –. Ma qualche volta forse no. Molti sono i casi che si potrebbero menzionare. Su tutti il maxi-appalto del 2° lotto della conca di Valdaro, appalto da circa 7 milioni, vinto da un pool mantovano, poi retrocesso dopo un lungo contenzioso».