MANTOVA A maggio, durante l’ora di educazione fisica, avverte giramenti di testa. Malessere che si ripete di lì a poco. È iniziata con questi sintomi l’odissea di un ragazzino di 12 anni residente nell’hinterland virgiliano, cui le analisi prescritte e le verifiche fatte nel reparto di pediatria oncologica di Brescia hanno confermato una leucemia linfoblastica acuta.
Ma non è questo il solo caso, e proprio la frequenza elevata di patologie tumorali in soggetti giovanissimi fa alzare a sua madre M. B. il comprensibile grido d’allarme. Lei stessa argomenta i propri timori alla Voce: «Da quando mi sono vista calata in questa situazione, ho iniziato a leggermi report e indagini specifiche, partendo dal Rapporto Sentieri a quello sui laghi di Mantova, sino a quelli dell’Ats Valpadana (aggiornati però al 2009) per avere un’idea di questa preoccupantissima escalation di tumori in età pediatrica e non posso non cercare di sensibilizzare gli amministratori a tutti i livelli per cercare di arginare questo fenomeno».
L’esperienza diretta porta la signora in varie direzioni. Presso la sua abitazione, ad esempio, sono operative due centrali a biogas «che mi risulta emettano benzene, al punto che molte persone nelle vicinanze si sono fatte vedere al pronto soccorso del Poma con gli occhi arrossati». E dove non ci siano centrali, resta comunque un quadro preoccupante anche di primo acchito.
«Sono troppi i bambini che nascono già con malattie tumorali, per non dire dei moltissimi feti malformati. Dunque non sto solo perorando la mia causa, ma una causa ormai purtroppo comune», spiega la mamma.
A lei personalmente, dice, non resta che seguire i protocolli chemioterapici per il suo ragazzino, che dovranno durare ancora un paio d’anni. Nel frattempo, dovendo vivere in un ambiente pressoché sterile, ha chiesto insegnanti a domicilio o in ospedale. Ma il problema è troppo grosso per tenerselo solo per sé.