MANTOVA Sul caso-choc del batterio killer i reati contestati restano immutati, ma da parte del pubblico ministero vanno ora chiariti e specificati meglio i singoli ruoli e le eventuali colpe a carico di ciascun indagato. Altro stop, in tribunale a Verona, circa la vicenda relativa al Citrobacter che, tra il 2018 e il 2020, all’ospedale della Donna e del Bambino di Borgo Trento, aveva ucciso quattro neonati (tra cui la mantovana Alice morta, a causa del batterio il 16 agosto 2020 a soli 5 mesi d’età), causando danni permanenti ad altri nove nonché colpendo in tutto un centinaio di bambini nati prematuri. Un procedimento che, almeno al momento, resta dunque fermo al palo. Ieri, nella terza seduta preliminare, «fermi restando i reati contestati, che rimangono gli stessi», il gup Livia Magri ha infatti accolto l’eccezione preliminare delle difese sulla «indeterminatezza del capo d’accusa». In pratica, significa che alla Procura spetterà il compito, entro la seduta del prossimo giugno, di «chiarire meglio l’imputazione precisando i vari profili di colpa da cui dovranno difendersi i singoli indagati». Vite spezzate, altre compromesse a causa dal batterio killer annidatosi in un rubinetto dell’ospedale scaligero. Quattro anni dopo la chiusura del punto nascite più importante del Veneto, per sanificarlo e scongiurare il contagio di altri neonati nel reparto di Terapia intensiva neonatale, il caso giudiziario resta quindi in alto mare. Sette gli indagati, tra medici e dirigenti, che rischiano il rinvio a giudizio per omicidio colposo e lesioni colpose gravissime: il dottor Paolo Biban (allora primario della Pediatria a indirizzo critico), Francesco Cobello (ex dg dell’Aoui), Giuliana Lo Cascio (ex direttrice della microbiologia), Chiara Bovo (ex direttore sanitario), Giovanna Ghirlanda (ex direttore ospedaliero), Stefano Tardivo (dipartimento di Igiene e Gestione ospedaliera) ed Evelina Tacconelli (direttrice Malattie Infettive). «Siamo in aula oggi e lo saremo anche alle prossime udienze. Piena fiducia nella giustizia, la verità dovrà venire a galla. Ci saremo sempre», avevano dichiarato i genitori della piccola Alice, (trasferitisi a Roverbella nel 2019) seppur non costituitisi parte civile in quanto già risarciti dall’ospedale, al secondo atto dell’udienza preliminare.