MANTOVA In un primo momento era finito a processo solo per spaccio di stupefacenti, lesioni e tentata estorsione. Ma in corso di istruttoria le rivelazioni della ex moglie, circa un’indole spiccatamente violenta dell’imputato anche in ambito domestico, avevano quindi portato gli inquirenti ad aprire un fascicolo a suo carico anche per l’ipotesi di maltrattamenti in famiglia. Alla sbarra era così finito S.O., 32enne marocchino residente nel capoluogo virgiliano. I fatti a lui addebitati e afferenti il primo episodio contestato risalivano nello specifico al settembre del 2016 quando, ai giardini del Te, aveva aggredito un giovane brasiliano per un presunto debito di droga. Il 32enne infatti, arrestato tre anni più tardi dalla Squadra Mobile nel proprio appartamento del quartiere Due Pini, era noto all’epoca per un’intensa attività di spaccio in città, soprattutto di hashish e marijuana, annoverante tra i suoi clienti anche minorenni. In corso d’istruttoria però la persona offesa, per timore di ritorsioni, aveva ridimensionato l’accaduto asserendo di essersi inventato le percosse subite, a fronte di una minaccia di morte esplicita portata a suffrago della tesi accusatoria dal pubblico ministero. Confermate, al contrario, erano state, in sede testimoniale, le dichiarazioni della ex convivente del pusher relativamente alle violenze e dei soprusi da lei patiti nel corso degli anni da parte del compagno. Accuse queste tramutatesi ieri in una condanna a 2 anni e 6 mesi di reclusione, stante l’estinzione degli altri reati per prescrizione. (lor)