Si fermino le morti sul lavoro

Encomiabile l’azione dei carabinieri che operano in provincia di Mantova per aver stroncato diverse violazioni sul lavoro. Denunce e multe nei confronti di una ventina di imprenditori agricoli per caporalato, violazioni in materia di sicurezza e manodopera clandestina. E’ il risultato di una vasta operazione condotta dai carabinieri del comando provinciale di Mantova contro lo sfruttamento del lavoro in agricoltura. Le inadempienze in fatto di sicurezza sul lavoro riguardano molto l’agricoltura. E’ possibile che la “pulizia” non dipenda solo dall’azione dei carabinieri, ma si debba affidare, anche, il controllo delle inadempienze a una parte della filiera agro alimentare per coinvolgerne le responsabilità. Di possibili soluzioni parallele agli organi di polizia si sente parlare quando succedono fatti eclatanti a cui la stampa dà notevole risalto e per i quali la gente si indigna. Solo che le notizie scalano nelle pagine dei giornali e scivolano in second’ordine anche nelle informazioni televisive, sono destinate nel tempo a scomparire e le progettate soluzioni rimandate. Ciò che pare accadere anche dell’inziale sconcerto della gente quando la notizia invecchia, ma non dovrebbe essere così, perché le morti sul lavoro sono fatti gravi che non dovrebbero essere dimenticati o sostituiti dalle successive disgrazie, facendo diventare d’attualità il fatto grave successivo, col significato che dopo una morte ce n’è stata un’altra, per le famiglie altro dolore. La tragedia delle morti sul lavoro sembra non dare tregua. Non può essere dimenticato, tanto è stato eclatante da colpire enormemente l’opinione pubblica, ciò che è accaduto in fatto di morti sul lavoro il mese di giugno. Non ha resistito più di tanto l’orrore della catena di situazioni e di scelte individuali che hanno portato il 19 giugno scorso alla morte del bracciante indiano Satnam Singh nei campi intorno a Latina. E in ambito governativo avrà stimolato finalmente qualche intervento utile alle tantissime persone che ogni giorno sono costrette a lavori non dignitosi, malpagati senza alcuna attenzione alla sicurezza e, normalmente, irregolari? Secondo le stime più recenti dell’ufficio studi della Cgia di Mestre, in Italia ci sono oltre tre milioni di lavoratori irregolari. Solo in ambito agricolo, secondo l’Osservatorio Placido Rizzotto e della Flai – Cgl, nel 2021 circa 230 mila persone lavorano nelle campagne senza contratti agricoli regolari. Di queste 35 mila sono donne e il 30% è costituito da cittadini italiani e dell’Unione europea. Si ritiene che oltre il 25% dei braccianti in Italia lavori in nero. Sono numeri e storie che ritornano ciclicamente alla
ribalta e quindi la tentazione della sfiducia è forte. Una volta accertati fatti e protagonisti, anche in giugno abbiamo assistito alle dichiarazioni che deploravano le morti sul lavoro, all’aggiornamento periodico della relativa contabilità, alla riscoperta del caporalato, allo scaricabarile sulle responsabilità, alla ripetizione dei mantra su controlli, sicurezza e “pugno duro” contro i prevaricatori e così via. E poi? Dopo soli quattro mesi la scoperta degli interventi dei carabinieri sul caporalato. Politica, amministrazioni, mondo delle imprese, sindacati, associazioni dei consumatori e coscienze dei singoli come pensano di integrare questo tributo in vite umane al progresso che uccide? Il Presidente Sergio Mattarella nella giornata della consegna delle Stelle al Merito ha rimarcato indignato il costante aumento delle morti sul lavoro. Un simile problema irrisolto per una Paese come l’Italia, che occupa la terza posizione manifatturiera nell’ambito delle nazioni europee più avanzate, significa inciviltà.
GASTONE SAVIO