Truffe, droga e reati fiscali: gli affari del clan dall’Emilia al Mantovano

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MANTOVA  – Truffe, reati economici, intestazioni fittizie di attività commerciali nonché il sempre remunerativo business legato allo spaccio di sostanze stupefacenti. Queste, secondo le ipotesi accusatorie, solo alcune delle attività illecite che legavano la “casa-madre” emiliana con le propaggini del clan dislocate anche nel territorio Mantovano. A riferire ieri in aula nella nuova seduta dibattimentale del processo “Grimilde”, in corso con rito ordinario a Reggio Emilia, è stato in tale caso specifico un ispettore della Squadra Mobile di Bologna chiamato dal pubblico ministero della Dda felsinea Beatrice Ronchi a deporre quale testimone in merito alle attività di matrice ‘ndranghetista nella Bassa, non solo reggiana, facente capo ai Grande Aracri di Cutro.
Tra le varie vicende criminose ricondotte alla consorteria dunque anche scaturita dall’inchiesta parallela Billions su un presunto maxi giro di false fatturazioni e collegata alla concessionaria “Luxory Motors”, con sedi a Brescello e soprattutto Viadana, tra i cui soci figuravano altresì Giuseppe Gareri, 36enne ex consigliere comunale di Gualtieri, e Luigi Brugnano, 43enne di Cadelbosco di Sopra, entrambi ritenuti a capo di una vera e propria associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati finanziari. Secondo gli inquirenti infatti la “Luxury Motors” della quale Gareri era stato amministratore unico fino al 2015 rappresentava una tipica “società cartiera”, creata cioè per commettere le cosiddette “frodi carosello” perfezionate tramite acquisti di auto all’interno dell’Unione europea per evadere il fisco. In particolare Gareri è cugino di primo grado di Vincenzo Vasapollo, anche lui tra gli indagati di Billions ed arrestato il 7 giugno 1999 assieme alla “primula nera”, Paolo Bellini e Giulio Bonaccio, per il tentato omicidio del pentito Antonio Valerio e della tentata strage col lancio di un ordigno nel bar Pendolino nel dicembre 1998. Brugnano, è invece cognato di Ernesto Grande Aracri – fratello del boss Nicolino – condannato all’ergastolo nel processo Kyterion. Stando alla ricostruzione investigativa fatta dal teste davanti al collegio dei giudici, Gareri si sarebbe infatti incontrato centinaia di volte, tra il 2015 e il 2016 a Parma e Guastalla, con Francesco Muto, 55 anni, quest’ultimo anch’egli a sua volta imputato in “Grimilde”. Tra gli altri episodi criminali di interesse “virgiliano” addotti dall’ispettore bolognese, anche uno risalente al 2018 e relativo a una partita di cocaina venduta per 1.500 euro da Paolo Grande Aracri, (nipote di Nicolino e tra i principali imputati di questo filone processuale) al mantovano Vito Di Gregorio. I proventi illeciti derivanti da tale cessione di droga erano quindi stati spartiti tra Paolo e il fratello Salvatore.
Riprendendo invece quanto già reso la scorsa settimana in sede di deposizione, dal 30enne viadanese Manuel Conte, condannato in primo grado con rito abbreviato, sempre in Grimilde, a quattro anni di reclusione, è stata chiamata altresì una 41enne originaria delle isole Mauritius ex dipendente di un bar di Parma, ceduto giocoforza dal proprietario a un prestanome dietro cui si celavano in realtà lo stesso Conte e Paolo Grande Aracri. La donna, ripercorrendo tale vicenda, ha così confermato come il titolare del locale fosse stato costretto, dietro reiterate minacce e intimidazioni, a vendere l’esercizio commerciale. Nonché, sottoposto a stretta sorveglianza da parte dei due sodali onde evitare che la vittima potesse “rubare” soldi dalla cassa da loro invece quotidianamente prelevati. Tramite la partita Iva dell’esercente, Conte e Grande Aracri, sempre secondo il racconto della teste, erano inoltre soliti acquistare consistenti quantitativi di merce varia anche per svariate migliaia di euro alla volta.