MANTOVA Una riduzione di pena da 22 a 14 anni di reclusione per omicidio volontario. È quanto deciso di recente dalla Corte d’Assise d’Appello di Milano nei confronti di Sarwjeet Singh, accusato in concorso con la moglie di aver ucciso il 43enne connazionale Rajiv Kumar, assassinato il 12 aprile 2020 nella propria abitazione a Villa Saviola di Motteggiana. Un verdetto che segue a stretto giro quello della Corte di Cassazione, che la scorsa estate aveva cassato con rinvio ad altro giudice di secondo grado il ricorso presentato dal difensore dell’uomo, l’avvocato Mara Rigoni, avverso la sentenza con cui, nell’aprile 2022, la Corte d’Assise d’Appello di Brescia aveva confermato la condanna statuita in prima istanza a Mantova.
In tale sede infatti erano state accolte, seppur parzialmente, solo le richieste difensive dell’altra imputata Narinder Kaur, 34 anni, con relativa eliminazione della contestata aggravante della premeditazione per una condanna passata da 22 a 8 anni di carcere. Nessuno sconto invece per il marito a cui era stata confermata l’aggravante più grave. Da lì le successive impugnazioni avevano quindi riguardato solo il 47enne ex operaio agricolo, fino all’appello bis istruito a Milano. Una vicenda originata, stando a quanto appurato sia in fase d’indagine che processuale, da un rapporto poco chiaro tra la vittima e Kaur che aveva portato i due coniugi ad affrontare il 43enne nella sua abitazione la mattina di Pasqua del 2020 e ad ucciderlo a sprangate, prima del loro arresto occorso a distanza di poche ore.
In sede dibattimentale innanzi ai giudici, tra togati e popolari, di via Poma gli imputati si erano scaricati reciprocamente la responsabilità del delitto. Punto focale di entrambe le deposizioni quello relativo al momento dell’assassinio e al ruolo ricoperto in detta occasione da ognuno dei due. Per quanto concerne Singh questi aveva riferito di aver tenuto solamente fermo la vittima mentre la moglie la colpiva ripetutamente con un tubo di metallo. Ricostruzione questa del tutto differente rispetto a quella della moglie secondo cui era stato il marito l’autore materiale del delitto. Lei, quella domenica mattina, lo avrebbe solo accompagnato a casa di Kumar per poi rimanere, seguendo le indicazioni impartitele in precedenza dal coniuge, nel piccolo corridoio nel piccolo corridoio dell’abitazione di via Filzi 62 in attesa che i due ex amici, rinchiusisi nel frattempo in un disimpegno adiacente risolvessero le proprie diatribe, non solo in relazione alla rapporto extraconiugale instaurato tra Kumar e Kaur ma altresì circa presunte foto private dei coniugi ed inviate a scopo ricattatorio dal 43enne ai parenti della coppia in India.
Solo una volta visto Singh uscire dalla stanza coi vestiti completamente intrisi di sangue poi la donna avrebbe realizzato quanto effettivamente occorso in quello sgabuzzino. Da lì l’immediata richiesta del marito di consegnargli i leggins da lei indossati sotto un paio di pantaloni scuri permettendogli così di cambiarsi i calzoni sporchi prima di far ritorno a casa. Un cambio di versione sostanziale quindi rispetto a quanto reso dai due al gip in sede di interrogatorio di convalida del fermo con Kaur che aveva riferito di aver partecipato al delitto solo nell’atto finale infierendo sulla vittima a terra e ormai esanime con un paio di colpi, mentre Singh aveva accennato ad un concorso attivo di entrambi nell’omicidio.