Usura all’amica, immobiliarista condannato assieme al padre

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MANTOVA Doppia condanna per 3 anni e 6 mesi di reclusione, oltre a 12mila euro di multa da una parte, e 2 anni con pena sospesa e multa di 5mila euro dall’altra. Questo quanto deciso ieri, dal collegio dei giudici, rispettivamente nei confronti di Claudio Moioli, immobiliarista di città, e del padre Gianluigi, entrambi finiti sul banco degli imputati circa l’ipotesi di usura.
Ad intentare la causa contro di loro, una cinquantenne mantovana, con cui anni fa lo stesso Moioli junior aveva dapprima avuto una breve relazione per poi rimanere con lei in rapporti di amicizia. Amicizia che però, a detta della donna, si era col tempo trasformata in sopraffazione, sfociata quindi una serie di «raggiri e minacce» poi denunciati. Ed era stata proprio la persona offesa, costituitasi parte civile con l’avvocato Giuseppe Pesce del Foro di Brescia, a rievocare l’accaduto in apertura d’istruttoria. Incalzata dalle domande di pm e difensori la teste aveva così riferito di determinati episodi risalenti al periodo 2016-2019 e concernenti, nello specifico, alcune compravendite di immobili.
La cinquantenne, comunque benestante, aveva infatti raccontato come in un periodo un po’ difficile della sua vita si fosse trovata nella necessità di chiedere dei finanziamenti a società di prestito. Finanziamenti, per beni voluttuari, che non sarebbe riuscita però a rimborsare. Moioli, stando sempre alla tesi inquirente poi confermata alla lettura del dispositivo, a conoscenza della sua situazione, si era quindi offerto di darle una mano. In particolare proponendo di acquistare tre immobili di proprietà della parte lesa a quanto pare a costi irrisori rispetto al reale valore di mercato. Una volta pagati (uno risultato intestato al padre) si sarebbe quindi fatto ridare in parte i soldi per aiutarla a saldare i debiti con la finanziaria. Al termine dell’operazione, la promessa sarebbe stata quindi quella di restituire gli immobili, ma lei non ne era più rientrata in possesso.
Altro episodio su cui si è dibattuto afferiva il pegno di un orologio Rolex – acquistato dalla cinquantenne l’anno prima per circa 6mila euro – e dato a Moioli in garanzia per il prestito di mille euro. Al momento di riprenderselo però, lui, sostenendo che lei gliel’aveva venduto, per ridarglielo, di euro ne aveva voluti 2mila. Circostanze queste, respinte in toto in sede di esame dallo stesso imputato principale così come altresì sostenuto in fase di discussione dai legali degli accusati (gli avvocati Giuseppe Angiolillo e Tania Marchini) con relativa richiesta di assoluzione per i propri assistiti perché il fatto non sussiste a fronte della mancata esistenza, in tale procedimento, di elementi oggettivi atti a confutare la penale responsabilità dei due.
Di diverso avviso il pubblico ministero Lucia Lombardo che in requisitoria aveva proposto 4 anni per Claudio Moioli e 3 anni e 4 mesi per il padre. Stabilito infine dai giudici un risarcimento da 10mila euro in favore della parte offesa, oltre alla restituzione degli immobili e alla confisca delle somme preventivamente sequestrate.

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