Enrico Ratti inedito

MANTOVA Mantovano di nascita e milanese d’adozione, Enrico Ratti, scomparso prematuramente lo scorso febbraio a causa del Covid, è stato un pittore molto apprezzato, illustratore, disegnatore, ma soprattutto poeta e scrittore. Dopo aver pubblicato due libri di racconti nel 2002 e nel 2007, Delinquenti nati (pubblicato dall’editoriale de La Nuova Cronaca di Mantova) e Canti di Cipada, firmò anche due importanti saggi, Manuale Intellettuale e Manifesto per l’Europa, scritti rispettivamente nel 2008 e nel 2010. Ma è stato soprattutto il poeta ad essere ricordato ieri, presso il cortile circolare della Casa del Mantegna, in occasione della presentazione del suo ultimo libro di poesie, Nell’estasi del mutamento, VJ Edizioni. Caterina Fiore, curatrice della raccolta e compagna di una vita del poeta, racconta la sua esperienza al fianco di Ratti e di come il libro sia nato. “Ho conosciuto Enrico nel lontano ’87 e quello che mi colpì subito di lui fu la sua immensa curiosità che talvolta lo portava a fare domande anche personali; questo non mancò di suscitare in me un’immediata antipatia, tenuto conto anche della mia giovane età di allora. Solo in seguito capii che quel suo modo di porsi non era altro che il “colore” tipico di quello che sarebbe diventato un grande artista, anche a livello pittorico. I suoi quadri sono di una bellezza sconvolgente – prosegue la Fiore – e hanno assunto un valore commerciale molto importante. A tal proposito, è in programma prossimamente una mostra di tutte le sue opere pittoriche”. Il libro uscito postumo, invece, è nato grazie al dono che la famiglia Ratti ha fatto a Caterina, ossia “un gruppo di fogli manoscritti che mi ha permesso di consultare una serie di versi che Enrico stava trasformando e rielaborando da anni ormai”. Stefano Iori, presidente e direttore artistico dell’associazione la Corte dei Poeti, sottolinea “la funzione ossimorica” che la poetica di Ratti spesso assume e ne rileva “una cifra stilistica dinamica fatta da briciole di memorie velate da languori di sedimenti romantici, con esplosioni improvvise dell’intima singolarità tipica della sua poetica. Enrico era un poeta antico e futuro insieme, si ribellava ad una concezione meramente economica del mondo, assoggettata ai concetti padronali di materia, con un’ira felice”, come da lui definito quel sentimento da guerriero, ma da guerriero felice, perché sa di combattere per un’idea, per una poesia in cui crede e per cui vive.

Barbara Barison