Ian McEwan: “Il festival di Mantova è sempre qualcosa di unico”

MANTOVA Dopo 22 anni, il Festival ospita nuovamente lo scrittore britannico Ian McEwan, accompagnato da Marcello Fois. Il pubblico è numeroso e la corsa ai posti in prima fila è incredibile. E ovviamente l’applauso che accoglie il romanziere è lungo e caloroso. McEwan ringrazia e afferma che pur avendo partecipato ad innumerevoli festival letterari in tutto il mondo, mai come a Mantova trova così tanta passione ed entusiasmo per la lettura e per gli scrittori. Si parla della sua ultima opera, “Macchine come me”, ambientato in un fantasioso 1982, il cui protagonista e voce narrante Charlie, decide di acquistare un automa di nome Adam. Adam entrerà nella vita di Charlie e la sconvolgerà in ogni suo piccolo risvolto. Romanzo complesso e intricato, definito da molti come “retrofuturista”. Definizione accettata dall’autore, «Quando si finisce un libro è come se lo lasciassi partire per un viaggio. Da quel momento non hai più potere su di lui, non puoi più controllarlo». La vicenda è ambientata in un passato che vede agire personaggi della scena politica e non, che in quel periodo non dovevano esserci e invece c’erano e viceversa. Ne è un esempio Alan Turing, matematico e studioso di computer, morto suicida nel 1954, e qui presente. McEwan desiderava dargli una possibilità in più, restituirgli quella vita che non ha potuto vivere. Questa è una delle grandi magie della scrittura, essere liberi di giocare con il tempo e lo spazio. Lo stravolgimento della storia è anche indicatore della fragilità del presente. Dobbiamo smetterla di dare per scontato il presente, la situazione attuale è frutto del caso, di una concatenazione di eventi. Così come non è possibile avere la presunzione di predire il futuro, non si può mai essere sicuri di quello che accadrà. Nel corso della storia Adam appare agli occhi dei lettori sempre più come una persona, consapevolezza che cresce di pari passo con quella di Charlie. McEwan definisce questo romanzo come un suo «personale contributo ad un archetipo», che parte dalla Genesi, passando per il mito di Prometeo fino ad arrivare a Frankenstein di Mary Shelley. E come tutti questi “personaggi” anche Adam è pervaso da una grande solitudine e malinconia. Il desiderio di essere umani è impossibile, pur essendo degli automi essi ne sono consapevoli, rendendoli tristi. Questo essere artificiale è dotato di emozioni umane, ma ciò che lo distingue dagli essere umani è l’incapacità di mentire. Decidere quali bugie dire e quali no è un fatto di coscienza e non c’è alcun algoritmo che le possa codificare. Bugie intese da McEwan come il «lubrificante del meccanismo sociale dei rapporti umani». Dato il periodo storico che sta vivendo la Gran Bretagna, anche McEwan, come altri scrittori presenti al Festival, non è stato esente dalla domanda sulla Brexit. Lo scrittore si dice preoccupato della situazione, soprattutto per quel che riguarda i giovani britannici e non. L’incontro si conclude con un elogio dell’Europa. Un giorno lo scrittore si trovava sui monti della Slovenia e dopo una lunga camminata si è accorto di essere in Austria. La libertà di spostamento raggiunta dall’Europa è straordinaria e pure miracolosa. Mai un luogo che racchiude così tante culture diverse è riuscito ad accordarsi e ad unirsi, pur mantenendo le singole individualità. Applausi e una lunga fila per le firme delle copie concludono il Festival, nuovamente sotto la pioggia.
Chiara Taffurelli