VILLA SAVIOLA Pena confermata di 22 anni di reclusione per Sarwjeet Singh; pena ridotta da 22 a 8 anni per sua moglie Narinder Kaur. Questo l’esito del processo d’appello per i coniugi indiani che il 12 aprile 2020, domenica di Pasqua, uccisero Rajiv Kumar, loro connazionale di 43 anni. Una sentenza quella emessa ieri sera intorno alle 20 dai giudici della Corte d’Assise d’Appello di Brescia, che ha ribaltato a metà quella pronunciata a Mantova poco più di un anno fa, ma che di fatto ribalta quasi del tutto quanto aveva sostenuto la pubblica accusa a Mantova, quando aveva chiesto l’ergastolo solo per la donna, contestandole l’aggravante della premeditazione. Ieri invece, i giudici bresciani hanno accolto parzialmente le richieste della difesa della donna, togliendo, ma solo a lei, proprio l’aggravante della premeditazione e riconoscendole una attenuante che ha fatto scendere il conto finale a “solo” otto anni di reclusione, dove “solo otto anni” va rapportato al fatto che si trattava comunque di omicidio volontario giudicato con rito ordinario. Nessun sconto, invece, per il marito della donna, Sarwjeet Singh, per il quale il suo difensore, avvocato Mara Rigoni, ieri aveva chiesto oltre al riconoscimento delle attenuanti prevalenti sulle aggravanti che venisse tolta l’aggravante della premeditazione. Ora ci sono 90 giorni di attesa per leggere le motivazioni della sentenza, ma è più che probabile il ricorso in Cassazione. All’origine della vicenda c’era un rapporto poco chiaro tra Kumar e Kaur che aveva portato i due coniugi ad affrontare il 43enne nella sua abitazione la mattina di Pasqua 2020 e ucciderlo a sprangate. I due erano stati arrestati poche ore dopo. Inizialmente avevano detto di avere preso parte entrambi all’omicidio, ma una volta davanti ai giudici della Corte d’Assise di Mantova si erano scaricati vicendevolmente la responsabilità del delitto. Nodo focale di entrambe le deposizioni era stato quello relativo al momento dell’assassinio e al ruolo ricoperto in tale circostanza da ognuno dei due. Singh aveva raccontato di aver tenuto solamente fermo la vittima mentre la moglie la colpiva ripetutamente con un tubo di metallo. Una ricostruzione dei fatti questa del tutto differente rispetto a quella della donna, che aveva detto che il marito era stato l’autore materiale del delitto. Lei, quella domenica mattina, lo avrebbe solo accompagnato a casa di Kumar per poi rimanere, seguendo le indicazioni impartitele in precedenza dal coniuge, nel piccolo corridoio dell’abitazione del 43enne in attesa che i due risolvessero la faccenda tra uomini, non solo in relazione alla rapporto extraconiugale instaurato tra Kumar e Kaur ma altresì circa presunte foto private dei coniugi ed inviate a scopo ricattatorio dal 43enne ai parenti della coppia in India. Solo una volta visto Singh uscire dalla stanza coi vestiti completamente intrisi di sangue la donna aveva detto di avere capito che il marito aveva ammazzato Kumar. Un cambio di versione sostanziale che non aveva fatto cambiare idea ai giudici dell’assise di Mantova, che avevano condannato la coppia a 22 anni ciascuno. Ora bisognerà attendere di potere leggere le motivazioni della sentenza d’appello per capire cosa abbia spostato l’ago della bilancia a favore della donna che si è vista ridurre la condanna di poco meno di due terzi.