Ciclismo Prof – Affini: “Vince la squadra, va bene così. Il Giro a Castiglione? Se mi mandano…”

MANTOVA Con la partecipazione, domenica, alla Parigi-Tours si è chiusa la stagione agonistica 2023 di Edoardo Affini. Non è arrivata, nemmeno quest’anno, la tanto sospirata affermazione personale in maglia Jumbo Visma, ma il campione di Buscoldo ha contribuito in maniera decisiva ai successi di squadra e per questo ha ottenuto la conferma per altri tre anni nel prestigioso team olandese. Edo si è confermato un gregario di lusso, altruista ed affidabile, sempre pronto a sacrificare le proprie ambizioni personali sull’altare della squadra più forte del circuito. E ha riconquistato la maglia della nazionale per gli Europei in cui ha vinto la medaglia d’argento nella “staffetta a squadre mista”. Rispetto agli anni passati, è mancato l’acuto nelle crono individuali, ma in quelle a squadre, nazionale o Jumbo non fa differenza, Affini si è sempre fatto trovare pronto.
La stagione è andata in archivio ed è giunto il momento del meritato riposo. Ma anche dei bilanci e delle riflessioni.
Edoardo, possiamo parlare di una stagione positiva?
«Sicuramente è stata una bella stagione. Sul versante della squadra credo si sia svolto un ottimo lavoro, che ci ha portato ad essere protagonisti sia nelle classiche che, soprattutto, nelle corse a tappe. Sono molto orgoglioso, in particolare, di aver contribuito al successo ottenuto da Primoz Roglic al Giro d’Italia. E devo ricordare che, come squadra, abbiamo vinto anche il Tour de France con Jonas Vingegaard e la Vuelta di Spagna con Sepp Kuss. Considero quindi la stagione appena conclusa più che positiva, ma se proprio devo trovare un piccolo neo, beh, in effetti è mancato il successo personale».
Adesso scendi dalla bici e cosa fai?
«Mi riposo, stacco la spina e non voglio più vedere la bicicletta per un po’. Penso che vivrò questo periodo di pausa alla giornata. Raggiungerò Lisa (la fidanzata, ndr) in Olanda, magari riusciremo a organizzare una vacanza last minute. E a metà novembre tornerò a lavorare per preparare la prossima stagione».
Guardiamo allora al futuro: il Giro d’Italia tornerà a Mantova con la cronometro da Castiglione a Desenzano. Che dici, potrebbe essere l’occasione giusta per centrare finalmente la vittoria in maglia Jumbo?
«Certamente sarebbe una bella soddisfazione e un pensierino, sono onesto, ce l’ho fatto. Ma ora, ovviamente, non sono in grado di fare alcuna previsione sul calendario del 2024, mio e della squadra. Non so nemmeno se farò ancora il Giro».
Allarghiamo il tiro. Come spieghi la difficoltà del movimento ciclistico italiano di proporre grandi campioni?
«Sono del parere si tratti di una combinazione di fattori, cicli che vanno e vengono. Certo, servirebbe una base sportiva a più ampio raggio. All’estero, ad esempio, la pratica dello sport avviene già nelle scuole, da noi non sempre ciò accade. E capisco, parlando del mio sport, che uscire in bici per un giovane non sia semplice e che, visti i rischi esistenti, in famiglia diventa difficile consigliare la pratica del ciclismo».
E’ anche una questione di cultura sportiva…
«Esatto. Io faccio il mio lavoro e occupo un pezzetto di strada. Eppure mi capita spesso di ricevere insulti dagli automobilisti. Ma state tranquilli, so rispondere a tono».