Quei messaggi di speranza che arrivano dai campanili virgiliani

MANTOVA – I centri e le vie della provincia sono vuoti. L’atmosfera è quasi spettrale. Si sentono solo i rintocchi delle campane che scandiscono il lento scorrere di giornate interminabili. Ogni rintocco viene vissuto col patema d’animo di possibili cattivi presagi. Quelli che nel drammatico momento che stiamo vivendo è normale avere, dove abbiamo imparato a sperimentare la frustrazione dell’imponenza davanti a qualcosa che non conosciamo, ma che sappiamo essere terribile.
Tuttavia quei campanili con le loro campane che fino a qualche settimana fa annunciavano i momenti religiosi e gli avvenimenti più significativi dei paesi, continuano a rimanere uno dei simboli di quell’Italia che non si abbandona allo sconforto di questo periodo segnato dal Coronavirus, trasformandosi in bacheche pubbliche per infondere speranza alla gente. A Roncoferraro, così come a Barbassolo e in altri luoghi dell’Est mantovano, dalle torri campanare sventolano striscioni con la scritta “Andrà tutto bene con l’aiuto di Dio”, stanti a testimoniare la voglia di non arrendersi da parte di comunità più vive che mai.
«Tutto nasce da un’idea di don Stefano Tognetti – dice il parrocchiano Vincenzo Mazzola -. E così abbiamo esposto quei messaggi per ricordare a tutti che anche attraverso la fede si può mettere in campo ogni sforzo utile per uscire da questa brutta situazione».
A Castelbelforte ogni sera alle 19 in punto e fino al termine dell’emergenza Coronavirus, il solerte Massimo Righetti (figlio dello storico e compianto campanaro Giuliano) muove con vigore le corde che azionano il batacchio delle campane della chiesa, affinchè il loro suono possa raggiungere le case delle persone, in un paese, come tanti, deserto a causa della pandemia. Rintocchi di speranza risuonano al medesimo orario anche dal campanile di Villimpenta. Piccole iniziative, ma dal grande valore simbolico. Perché la gente comune, cioè la maggior parte degli italiani, nel momento in cui tutto sembra vacillare ha bisogno di attaccarsi a qualsiasi cosa, magari riscoprendo quelle antiche usanze che si erano smarrite nel tempo. La paura della malattia spinge molti a trovare conforto nella preghiera. E se le messe non possono essere celebrate per evitare assembramenti come previsto dalle misure restrittive anti-contagio, è stato almeno disposto che le chiese possono restare aperte per consentire ai fedeli di trovare un po’ di conforto. Perché la voglia di serenità è davvero tanta, così come la voglia di tornare a quella normalità che fino a un mese fa nemmeno consideravamo un valore.

MATTEO VINCENZI