MANTOVA Lo chiamavano “bene rifugio”, ma per molti cittadini il cespite immobiliare si è rivelato una ennesima fonte di drenaggio finanziario e di tassazione. Dove non si sa più come spremere soldi per assestare i bilanci pubblici, ecco arrivare gli accertamenti che denunciano irregolarità (e chi sarà mai regolare fra mille leggi e articoli e commi) nelle proprietà immobiliari. Basta una finestra aperta chissà quando, ma mai denunciata, o una veranda sul balcone, per far scattare ciò che a rigor di codice si configura come abuso edilizio.
Su queste astuzie della burocrazia si fonda ciò che comunque al Comune risulta sufficiente per fare cassa, al punto che nel solo terzo trimestre dell’anno in corso l’amministrazione ha recuperato da imposte di Imu inevase qualcosa come 383.427 euro, mentre altri 17.544 sono il corrispondente all’importo degli avvisi di accertamento del Tributo per i servizi indivisibili (Tasi) emessi dal 1° luglio al 30 settembre.
Praticamente, 400mila euro nel solo terzo trimestre dell’anno, e cifre equipollenti – come già rendicontate dalla Voce di Mantova – sono rendicontate nei giornal mastri dei bilanci comunali nei precedenti trimestri. Altrettanto si presume verrà iscritto a bilancio nei prossimi anni.
Le operazioni di recupero rientrano nella politica dell’ente, che senza dirsi vessatoria tende comunque a recuperare quanto venuto meno nelle casse di via Roma negli anni, fra crediti esigibili e non. L’amministrazione, dal canto suo, ci tiene a mitigare l’immagine pubblicana assicurando ai soggetti debitori la possibilità di regolarizzare le posizioni con formule di agevolazione. Ormai da un triennio è possibile saldare i conti col Comune anche in comode rate sino a cinque anni per le situazioni più onerose, ma comunque sanabili. Quelle più consistenti (per esempio le escavazioni milionarie di Valdaro) rimarranno invece confinate nel computo del fondo crediti di dubbia esigibilità.