Maltrattamenti in famiglia, in appello lieve sconto di pena per Gianfranco Zani

Gianfranco Zani

MANTOVA Una riduzione di pena pari a 3 mesi di reclusione rispetto a quanto comminatogli in precedenza dal tribunale di Mantova. Questa la decisione presa ieri pomeriggio dalla Corte d’Appello di Brescia nei confronti di Gianfranco Zani, condannato in secondo grado, al termine di un vero e proprio processo lampo, a tre anni e undici mesi per il reato di maltrattamenti in famiglia. Decisivo per l’emissione del dispositivo già alla prima seduta, il rigetto in toto delle istanze presentate dall’avvocato Laura Ferraboschi, difensore del 54enne ex artigiano di Casalmaggiore, che in via preliminare aveva proposto la rinnovazione sia della lista testi che l’acquisizione dei verbali del secondo processo instaurato a carico del suo assistito, e relativo all’episodio dell’incendio appiccato all’abitazione coniugale, risalente al 22 novembre 2018, nel quale era morto per asfissia da fumi il figlio 11enne Marco. Tra le altre richieste avanzate dalla difesa anche la sospensione dei termini processuali relativi alla sentenza di primo grado emessa lo scorso dicembre dalla Corte d’Assise proprio in merito a quest’ultima vicenda processuale e ove l’imputato era stato ritenuto colpevole di incendio doloso e omicidio colposo. Circa invece il procedimento per maltrattamenti la scorsa estate il giudice monocratico di via Poma aveva condannato Zani a 4 anni e 2 mesi di reclusione, praticamente la metà di quanto chiesto dal pubblico ministero. I fatti a lui ascritti in questo caso erano relativi al periodo compreso tra il luglio ed il novembre 2018. Una settimana esatta prima della tragedia, consumatasi a Ponteterra di Sabbioneta, era stata emessa una misura cautelare che imponeva il divieto di avvicinamento dell’uomo alla moglie, la 40enne Silvia Fojotikova e ai tre figli. Tra gli episodi a lui addebitati e su cui si fondava l’ipotesi accusatoria quello da cui era poi scattato il provvedimento restrittivo e che aveva visto il 54enne aggredire sia la consorte che la prole. Circostanze queste ricusate dalla difesa secondo la quale al contrario si sarebbe trattato di screzi tra coniugi in fase di separazione.