Morta Lidia Gallico, la bimba ebrea che dovette fuggire dalla sua città

MANTOVA Vasto cordoglio ha suscitato la notizia della scomparsa di Lidia Gallico, vedova Cazzaniga Donesmondi, la “bambina ebrea” che nel 1943 dovette scappare con la famiglia da Mantova per sfuggire alle persecuzioni delle leggi razziali. Lidia, deceduta martedì al Poma, avrebbe compiuto 91 anni il prossimo 13 luglio. Ma la sua vicenda umana rimane legata alle ingiustrzie subite, quando dall’ottobre del 1943 al gennaio 1944 trovò rifugio a Dossello nel Bergamasco, nella casa di Elisabetta Belotti ed Edoardo Nicoli, ove approdò anche un’altra famiglia ebrea di cugini.
Ancora di recente, le sue memorie sono state affidate al libro “Una bambina in fuga” pubblicato dalle edizioni Gilgamesh. Sulla copertina del libro, che narra la sua vicenda e le sue traversie, c’è la foto di una ragazzina pulita, con un soprabito sottobraccio, sulla soglia della vita, e ancora ignara del destino che l’attendeva.
Quella di Lidia Gallico è stata un’esistenza che ben presto ha dovuto intrecciarsi, purtroppo, con la terra e la gente di Bergamo e del Ticino, prima del definitivo rientro nella città natale.
Da qui la bambina era dovuta partire frettolosamente, dopo che il cerchio degli avvertimenti e delle minacce s’era ristretto a seguito delle leggi razziali dell’11 novembre 1938. Correva l’8 settembre 1943 quando il padre, Enzo Gallico, un tranquillo medico fu picchiato da un manipolo di camicie nere. Era appunto quello il segnale inequivocabile che bisognava cercare la sicurezza altrove.