Al Pride 20mila euro, zero a chi non può tenere il figlio

MANTOVA Intanto il dato in numeri: ogni anno da diverso tempo nell’ambito dell’azienda ospedaliera vengono praticate oltre 300 interruzioni volontarie della gravidanza, e il censimento potrebbe accrescersi ulteriormente con dati difficili da reperire in relazione alle donne mantovane che abortiscono fuori provincia. Il tutto comunque il linea con la tendenza nazionale che attesta la decrescita della natalità del 48% a partire dagli anni ’60 a oggi. Ed è proprio allacciandosi a queste cifre che le opposizioni di centrodestra in consiglio comunale cercano di smuovere le acque censurando la politica di ripopolamento messa in atto dall’amministrazione di Mattia Palazzi.
Le azioni di sostegno alle giovani coppie in città messe in campo da via Roma non andrebbero nella direzione giusta. Non basta insomma consentire i nidi gratis a tutti, anche a nuclei abbienti, o incentivare l’occupazione di alloggi comunali scalando qualcosa sugli affitti, se poi non venga applicata una incisiva strategia per incentivare le nascite. Da qui la presa di posizione dei consiglieri di Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega e Mantova ideale che richiama l’attenzione del sindaco e dell’assessore alla famiglia Chiara Sortino a ripensare le modalità per andare incontro alle molte donne che rinunciano a portare a termine la gravidanza, spesso mosse da ragioni economiche.
Per il Gay Pride l’amministrazione ha stanziato 20mila euro. Ma per mettere freni a questi alti tassi di abortività (5,5 donne ogni 1.000) quanto si spende? Ben poco o nulla, stigmatizzano i consiglieri. Sarebbe sufficiente, dicono in forma di mozione, attivarsi per istituire un apposito fondo di sussidio alla maternità in grado di supportare la donna intenzionata a interrompere la gravidanza mossa da disagio economico finanziando le apposite associazioni del terzo settore per azioni mirate.