Orsù forza, in piedi in piedi, attenti alle valigie, attenti ai gradini, e non scordate i cappelli nelle cappelliere, stiamo arrivando alla stazione di Bozzolo. Immagino così, tra fantasia e realtà, un capotreno in panciotto che annuncia “in carrozza, in carrozza!”, terza classe di un treno a vagoni sferraglianti e con locomotiva sbuffante, l’arrivo alla stazione di Bozzolo. Una volta, nella storia, e anche oggi, senza locomotiva ma con nuovi treni e nuovi pullman per trasbordo. “Bozzolo-Bozzolo stazione di Bozzolo treno locale per Piadena Cremona pronto sul secondo binario”. Secondo di due. Come a Miramare, non stare tanto a scodinzolare. Giochiamo di ricordi e attualità.
Eh la stazione di Bozzolo, che ricordi. Dentro e attorno. Lo sapete che le mie vacanze di liceale erano a Bozzolo tra firmo e bottega in piazza Mazzolari. Lo sa sicuramente chi ha letto con attenzione e come si potrebbe leggere altrimenti il mio libretto uscito grazie a Giulio Girondi Oligo Editore e grande amico, dal titolo Piccoli segreti mantovani. In uno di questi il quindicenne studentello narra la passione per Bozzolo e per una certa Ombretta fanciulla colà abitante. Fantastici quei giorni così frenetici per un panificio a cavallo del Ferragosto. Storie di un forno, un paese ben noto per essere quello di don Primo Mazzolari, e dei giorni passati tra pizzette a forma di disco 45 giri con un’acciughetta e un po’ di pomodoro a sessanta lire, ma che profumo quel pomodoro E poi la stazione, allora come oggi, luogo di incontri e partenze, di arrivi e transiti. Ma andiamo con ordine.
Caspita si faceva la tripla. De pane. O santa Brigida e che cosa era mai questa tripla?! Ma come non lo sai? Era il pane per tre giorni. Caspita era il pane per Ferragosto quando allora, più di ora, era tutto chiuso. Quante erre! Le erre fanno quarti di nobiltà sulla tripla di pane e schiacciatine. Sarà contento Luca, un mio amico di Fidenza con la evve, e anche lui un po’ fratello di Girondi, produttore di libri e storie di Po. Reali e fantastiche come quasi tutto attorno al Grande Fiume tra argini e golene. Luca dai invece di stare lì a giocare con una foto di quando sono caduto in acqua a linea verde e cinque minuti dopo arrivavano già candidature a condurre pensando che fossi in fin di vita o quasi morti, prova a dire “allora, più di ora, era”. Mica male, secondo me. Un po’ come l’esercizio della V di Verona per i principianti attori o annunciatori: “Volevamo venire a vedere dove vivevate Vivien”. Con esercizio di diaframma. Ma di cosa stavamo parlando? Ah sì della stazione di Bozzolo, perbacco. Ne sentivo parlare in quei giorni di tripla di pane da nonna Olga che capitanava gli addetti al forno a cominciare dal marito, il nonno Guido, fornaio titolare. Allora trenta chili di bauletti, trenta chili di francesini e 50 chili di pane comune. Un sacchettino da due chili tra bauletti, filoni, cornini e michette -quelle con la rosetta sopra sembrava un basso rilievo- partivano ” per i “Signori Saviola” sentenziava la nonna con voce stentorea e decisa. Un giorno sul mille e cento del papà vidi dal finestrino la zona stazione e una grossa insegna con la scritta Saviola. Grossa la scritta, grosso il cognome, grosso il sacchetto del pane, immaginavo la contentezza di nonna. “Questi cinque sacchetti vanno al grattacielo”, aggiungeva squillante la voce nel camerone, con eco, che era la grande anticamera del forno. Il grattacielo? Un grattacielo a Bozzolo? Un palazzo di cinque piani fa sempre un po’ grattacielo in paese. Perbacco zona stazione. Anche lui. Che zona affascinante che diceva essere il quartiere stazione. Non solo: c’era anche il viale alberato e la via chiusa che portava al parcheggio e a un noto ristorante. Il Ristorante della Stazione, perbacco. Confesso: mi affascinava un casino (non si dice e non si scrive casino direbbe il mio prof di italiano Mauro da Palidano, e noi diamo la colpa alla ia, intelligenza artificiale) mi affascinava un tot -dicevamo- quel quartiere stazione tra alberi grattacieli e ristoranti e persone dabbene in veste di viaggiatori che lo frequentavano Bozzolo stazione di Bozzolo ci par di sentire con l’immaginazione. Ah, cosa fa l’immaginazione. Confesso che quando leggevo quelle sciabordanti righe di Carlo Emilio Gadda sui personaggi del ristorante della stazione con manichini ossibuchivori, vedi prof che avevo studiato, immaginavo il ristorante rutilante della stazione di Bozzolo. Dove adesso fanno lo scambio pullman treno sulla linea Mantova Cremona Milano. Quella molto sempre chiacchierata per ritardi e disagi. Si arriva in pullman da Mantova più o meno contenti, chiederò lumi a tal proposito, al mio amico Luca che per lavoro fa spesso la Mantova-Milano-Milano-Mantova, e poi si prosegue in carrozza ferrata. Viceversa, si arriva in treno da Milano a Bozzolo più o meno contenti e poi si prosegue su vettura a gomma per la città Virgiliana, destinazione e anche partenza banchina marciapiedi viale Nuvolari.
Affascinante deve essere il viaggio, quasi quasi lo provo, un po’ per provare l’ebbrezza del trasbordo con tanto di saluti delle autorità, ho letto che è avvenuto al primo giorno, e un po’ per passare dalla Stazione di Bozzolo come una moderna porta della conoscenza, per bacco quasi cinquant’anni dopo. E rivendicare con la comprensione dell’amico Werther Gorni, ultimi reduci della vecchia mantovana gazzetta, il diritto di lacrimare per commozione. Una stazione del cuore più che soltanto ferroviaria, e senza particolari motivi, e questo è il suo bello.
Adesso leggo che lì attorno c’è meno poesia e più attesa impaziente. Clacson che suonano in coda al passaggio livello che da via Cremona, la Statale, vogliono entrare in Bozzolo ma il passaggio livello sta chiuso a lungo. Certo un disagio che abbatte un po’ il mio sogno di stazione affascinante stile gozzanian-gaddiana, dal “Loreto impagliato” al “tercero anden”, ma mi faccio coraggio e penso al prezzo della modernità. E della frenesia dell’era moderna come avrebbe detto Calindri Ernesto in mezzo ad un incrocio di Carosello sorseggiando un goccio di Cynar. Frenesia da viaggio, frenesia da passaggio a livello. Orsù siamo alla stazione di Bozzolo presto-presto si deve scendere ci aspetta il pullman per Mantova, perbacco. Buon viaggio. Con reverenda fantastica nostalgia.









































