Scovato il tesoro della banda di trafficanti di cocaina che faceva affari d’oro anche nel Mantovano

MANTOVA Cassette di sicurezza “gonfie” di denaro sporco derivante dal traffico di stupefacenti. Se la prima tranche investigativa aveva di fatto portato allo smantellamento dell’organizzazione criminale dedita al mercato dello spaccio sulla piazza dell’Alto Milanese (e non solo), quest’ulteriore “fase due” dell’operazione denominata “Boxers” ha permesso invece di individuare il tesoro della banda. I carabinieri di Legnano e la procura di Busto Arsizio sono infatti riusciti a risalire a tre cassette di sicurezza situate in due istituti di credito, uno a Legnano e uno a Somma Lombardo in provincia di Varese, contenenti i proventi dell’attività illecita della gang di trafficanti di cocaina con sede operativa a Legnano ma con diramazioni anche in altre province, tra cui il Mantovano, e sgominata lo scorso 7 maggio. Da quel momento, infatti, non si erano interrotti gli accertamenti d’indagine, condotti dai carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Legnano su più gruppi criminali dediti al traffico di droga che, nella notte tra il 6 ed il 7 maggio, aveva portato all’arresto di 15 persone, oltre alla denuncia di altre tre, in esecuzione ad altrettante ordinanze di custodia cautelare emesse dal giudice per le indagini preliminari, Nicoletta Guerrero, su richiesta del sostituto procuratore di Busto Arsizio, Martina Melita. L’indagine, che aveva portato al sequestro di 15 chili di cocaina purissima pronta per essere immessa sul mercato, aveva dimostrato l’esistenza di un traffico di stupefacenti che, importata la droga dall’estero, la vedeva partire da Novara per essere consegnata a Turbigo (Milano) e da lì fornita ai trafficanti legnanesi i quali, con una fitta rete di contatti sul territorio ma anche nelle province di Mantova, Reggio Emilia e Varese, si occupavano di approvvigionare molte aree di spaccio del territorio del Nord Italia. Nel complesso di tali attività investigative erano state arrestate 25 persone e sequestrate somme di denaro in contanti per un totale di oltre 400mila euro appartenuti alla varie batterie criminali: 105mila al gruppo facente capo al “Gigante”, il cittadino albanese residente a Bellinzago Novarese, 120mila in contanti sequestrati al “Mulo”, il trafficante operante da Turbigo, 60mila euro al “Professore” 46enne di Gorla Maggiore (Varese). Infine erano stati sequestrati 105mila euro al gruppo facente capo a C.O. detto “Kojak”, 33enne legnanese, “capo mandamento” per quanto concerne la consegna della droga anche in terra virgiliana. E proprio Kojak era in fatti solito incaricare tale R.S., 68enne legnanese detto il “Padrino”, per effettuare i viaggi a Poggio Rusco. Numerosi erano state le trasferte monitorate dai carabinieri del Nor di Legnano in stretta collaborazione con quelli di Gonzaga e Poggio Rusco. In tutte le circostanze si era riusciti a documentare l’incontro tra il “Padrino” e il cliente, E.S. un 39enne di nazionalità marocchina fino al 2019 residente a Poggio Rusco, poi trasferitosi a Modena, e arrestato nel corso di quell’operazione proprio nel paese del Destra Secchia. La mattina degli arresti i militari di Gonzaga, nell’eseguire l’ordinanza di custodia cautelare in carcere del nordafricano avevano rinvenuto durante la perquisizione circa 150 grammi di cocaina e 17mila euro, poi sequestrati, arrestandolo quindi altresì per la detenzione ai fini di spaccio di questa ulteriore quantità di sostanza. L’uomo era stato infine tradotto al carcere di Bologna. L’attenzione degli investigatori nella seconda fase si era dunque concentrata sui patrimoni accumulati da questi soggetti, con gli esiti dei primi accertamenti bancari effettuati. Perquisite, una volta scoperte, erano così state le tre cassette di sicurezza che il gruppo di “Kojak” deteneva in due istituti di credito, uno a Legnano ed uno a Somma Lombardo, tutte intestate al padre del 33enne, un 57enne di Sassari, G.O. detto “d’Artagnan”. Proprio in una di queste venivano scoperti ulteriori 212mila euro in contanti, 40 mazzette singole da 5mila euro e un’ultima da 12mila euro. Ogni singola mazzetta da 5mila era sigillata in involucri di cellophane trasparente con segnato su ognuno il numero “5” mentre su quella da 12mila c’era appunto il numero 12 ed una “R”. Già in passato il denaro sequestrato era stato conservato dagli arrestati con le medesime modalità. «I risparmi di una vita», li aveva definiti lo stesso “D’Artagnan” all’atto dell’apertura della cassetta di sicurezza.