Ucraina, la guerra sul campo scatena quelle economiche: a rischio l’approvvigionamento di mais e cereali

MANTOVA Le devastazioni della guerra tar Russia e Ucraina vanno di pari passo con le
conseguenti guerre economiche. L’Ucraina infatti è il “granaio d’Europa”, e anche
il nostro paese ha attinto fino a poche settimane fa dalle sterminate pianure
attraversate dal Dnepr. L’Italia infatti, lo scorso anno, ha importato circa
733.000 tonnellate di cereali dall’Ucraina (dati Clal.it), delle quali 600.000 erano
di mais. Oggi la situazione è delicatissima: «Siamo stretti in una morsa – spiega
Alberto Cortesi, presidente di Confagricoltura Mantova – da un lato l’aumento
vertiginoso dei prezzi delle materie prime, dall’altro la crescente difficoltà nel
reperirle, con la produzione nazionale non in grado di soddisfare il nostro
fabbisogno. Le nostre produzioni sono a forte rischio».
Sì perché l’Italia è autosufficiente al 55% per quanto riguarda il mais, e proprio
da qui arriva l’appello di Assalzoo, lanciato nei giorni scorsi, a seminare almeno
70-80.000 ettari in più, che potrebbero essere ricavati grazie a una deroga nelle
regole sul greening. Ma non solo, perché l’Ungheria ad esempio ha annunciato
la sospensione delle esportazioni di grano (l’Italia autoproduce il 60% del duro
e il 35-40% del tenero), per favorire il consumo interno, e a ruota potrebbe
seguirla la Bulgaria: «Diciamo no al protezionismo alimentare – prosegue Cortesi
– e auspichiamo che l’Unione Europea intervenga in tal senso, salvaguardando
il regolare funzionamento del mercato unico. L’Europa può fornire cereali a
sufficienza, ma occorre organizzarsi adeguatamente».
Dal punto di vista dei prezzi, la situazione è certamente allarmante. Un anno fa
la Borsa Merci di Mantova quotava il grano tenero (di forza) tra i 235 e i 238 €/t,
il grano duro (fino) tra i 286 e i 291 €/t e il mais nazionale tra i 225 e i 226 €/t.
Oggi, nell’ultimo bollettino emesso, gli stessi prodotti sono quotati
rispettivamente tra i 368 e i 372 €/t (+56%), tra i 507 e i 510 €/t (+75%) e tra
i 315 e 317 €/t (+40%): «A soffrire maggiormente sono certamente gli
allevamenti, sia di bovini che di suini, che devono fare i conti anche con i costi
energetici, saliti alle stelle. Per le aziende cerealicole pure un problema è
rappresentato dai fertilizzanti, dal momento che la Russia ne è la principale
produttrice ed esportatrice».
«Tra pochi mesi – conclude Cortesi – rischiamo di non avere più mangimi per il
nostro bestiame, ma se la situazione non si risolverà anche la stessa
alimentazione umana sarà in pericolo, e verranno a mancare prodotti che oggi
sono la base della nostra dieta. Occorre che l’Europa ripensi totalmente la Pac».