Parole senza significato, persone senza libertà

MANTOVA Prima l’italiano. Inteso come lingua. “Perché se parli male, pensi male”, scriveva Primo Levi. Dalle sue parole, nell’anno del centenario della sua nascita, è iniziato l’incontro “Le parole per dirlo”, a piazza Castello, con Gianrico Carofiglio, Massimo Gramellini e Arianna Porcelli Safonov e Neri Marcorè in brillante regia. Una riflessione sugli usi e gli abusi delle parole che dovrebbero essere ponti tra le persone ma, in realtà, non sempre lo sono.
Per Gramellini il difetto della cultura italiano è quello di aver sempre avuto un linguaggio cortigiano. “Oggi per dimostrare di essere vicini al popolo bisogna abbassare spaventosamente il livello” – ha ammesso il giornalista – “Abbiamo raggiunto un compromesso al ribasso impressionante, si cerca il compiacimento della gente. Negli anni passati, nella comunicazione e nella politica c’era un desiderio di migliorare sé stessi e il lettore. Da vent’anni a questa parte, invece, per la classe politica non è più necessario migliorare, ognuno va bene com’è”. L’esempio sono i quiz televisivi: quelli di Mike Buongiorno erano difficili, bisognava conoscere a memoria addirittura i canti della Divina Commedia; oggi viene chiesta la città capitale d’Italia. Con una la conseguenza di una ricaduta terribile sul linguaggio quotidiano.
L’ultimo strumento potenzialmente democratico, per Arianna Porcelli Safonov, è la rete anche se poi occorre una sorta di “igiene personale” per sapere come comunicare e come difendersi da contenuti quanto meno discutibili. Il diritto di scelta che internet e i social consentono, la televisione non lo ammette prevedendo solo spettatori passivi contro la presunta “attività” degli utenti del web.
La riflessione di Gianrico Carofiglio, invece, si è spostata su “La manomissione delle parole”, il titolo di un suo libro, che si basa su un principio di metodo ossia la consapevolezza dei significati. Il deturpamento delle parole chiave del lessico civile non è un’operazione stilistica quanto sostanziale. “Quando le parole perdono il loro significato, le persone perdono la propria libertà”, diceva Confucio. La consapevole intenzione di svuotare le parole dei significati viola il primario contratto sociale di una collettività, la fiducia in un linguaggio condiviso. Come quando, nel linguaggio politico, viene utilizzata la medesima parole in due giorni diversi con due significati differenti. “La fiducia si perde, le istituzioni diventano meno credibili e la democrazia è in pericolo”, ha detto lo scrittore. “Nella verità giornalistica, ogni testo ha due autori, chi lo scrive e chi lo legge. La fake news è nella malafede. Ingenuo vuol dire libero, senza pregiudizio. Occorre recuperare l’ingenuità dei bambini ma in maniera consapevole”, ha concluso Gramellini.

Tiziana Pikler