Calo pesante del fatturato, preoccupazione per la Lamaplast di Castiglione

La sede della Lamaplast di Castiglione

Castiglione d/S Calo dei fatturati negli ultimi 3 anni e necessità di una riorganizzazione che potrebbe comportare anche importanti tagli del personale: c’è preoccupazione a Castiglione sulle sorti dell’azienda Lamaplast, di proprietà della famiglia dell’attuale sindaco aloisiano  Enrico Volpi. Preoccupazione rilanciata dai sindacati che ieri hanno incontrato i 69 dipendenti e di fronte alla quale lo stesso sindaco e proprietario dell’azienda ha voluto dire la sua: «Dopo 50 anni di attività – ha spiegato Volpi – sempre sul nostro territorio comunale e sempre gestiti seguendo la stella polare della piena collaborazione con le maestranze e la piena occupazione, le evoluzioni negative del settore automobilistico, centrale nelle nostre produzioni, ci impongono una precisa riorganizzazione e ristrutturazione dell’azienda. Proprio per salvaguardare al massimo il livello occupazionale, le posizioni conquistate sul mercato e una storia d’impresa riconosciuta e stimata».
La riorganizzazione è ancora omn fase di elaborazione e tra le varie ipotesi sul tavolo vi sarebbe anche quella di creare un nuovo soggetto societario in grado di riassorbire una cospicua parte degli attuali occupati, prevedendo per gli esuberi, derivanti dalla chiusura di alcune linee produttive, per una parte il ricorso agli ammortizzatori sociali e dall’altra un accompagnamento verso il pensionamento, con blocco del turn-over. Con l’obiettivo dichiarato di un riassorbimento degli esuberi il più veloce possibile, in base al piano di nuove attività su nuovi segmenti di mercato non-automotive: «Ci troviamo di fronte alla possibilità di dovere assumere scelte dolorose ma non più rinviabili – ha spiegato Volpi – In questi ultimi 3 anni a fronte della contrazione degli ordinativi del settore auto che ha portato ad un taglio di circa il 40% dei fatturati, abbiamo riequilibrato economicamente lo scompenso come proprietà, proprio per salvaguardare al massimo soprattutto il livello occupazionale, anche a costo di sacrifici personali. Ma la situazione attuale non permette di mantenere oltre una struttura industriale non più adeguata, con il rischio di una chiusura totale delle attività».