Donne che hanno cambiato il volto dell’agricoltura attraverso il loro lavoro

GOITO –  Trattoristi si nasce, e lei lo nacque!. Passione per l’agricoltura e sacrificio nel dna, trasmesso dai nonni e dal papà. Lei è la giovane Samanta Balasina che con la famiglia conduce un’azienda di motoaratura e lavori agricoli vari per conto di terzi con sede a Goito, ha solo 30 anni con un diploma conseguito a pieni voti all’istituto “Strozzi”. Samanta, oltre a gestire la parte amministrativa dell’azienda stessa, guida un trattore. Sì, un trattore, il lavoro che molti vedono adatto solo ad un uomo.

Come nasce questa esperienza?
«Sono cresciuta in azienda, è il mio mondo fin da piccola e non ho mai pensato di fare altro nella vita. Avevo solo tre anni quando per la prima volta sono salita su un trattore alla cui guida c’era, tra l’altro, mia nonna. Quello che mi piace di questa professione è che è versatile. Si tratta di un lavoro sicuramente pesante, e fuori da ogni schema in cui vede coinvolta una donna, essendo poi i titolari dell’attività, l’impegno che ci mettiamo, io e i miei famigliari, è maggiore portandoci a lavorare anche quando non sono presenti i dipendenti. Ma quello che faccio è la mia passione e lo faccio con grande amore».

Diversità di genere in agricoltura, in che misura lo ritiene un problema o un ostacolo?
«Partendo dal presupposto che noi donne in agricoltura ci siamo sempre state, svolgendo un ruolo fondamentale. Forse sono stati i social a farla sembrare una novità, ma tutto ciò non deve stupire. Mia nonna, ad esempio, è stata un perno indispensabile per la crescita dell’azienda di famiglia. Non nego che i primi tempi ho fatto molta fatica a farmi accettare dagli uomini, ero infatti vista come una mosca bianca, e a volte ancora a dir la verità. Ma la mia forza è stata quella di non farmi mai schiacciare dai pregiudizi. Ho sempre mantenuto la mia identità di donna, e lo dimostra il fatto che non ho lo zainetto quando salgo sul trattore, ma una borsetta. E capelli colorati per evidenziare la mia identità e la mia femminilità».

Dove nella sua storia il ruolo femminile ha fatto la differenza?
«Come detto mia nonna è stata fondamentale sia per l’azienda ma anche per la mia formazione. Mia mamma ha giustamente voluto che studiassi ma la mia strada era segnata. Ora gestisco, con i miei famigliari, l’azienda e devo dire che il fatto che io sia donna probabilmente, per alcuni aspetti, rappresenta un quid in più. Non sempre ho avuto vita facile, grazie però al mio carattere sono sempre riuscita ad arrivare all’obiettivo prefissato ottenendo quello che volevo. L’atteggiamento che hanno i colleghi uomini nei miei confronti è di due tipi. O tendono a vederti come un persona, in quanto donna, da proteggere riconoscendo il tuo valore e le tue capacità. ma comunque in qualche modo tendono ad adottare atteggiamenti quasi “paterni”. Altrimenti, i peggiori, ti sottovalutano ritenendoti inferiore e incapace di svolgere quello che fanno loro».

Quella volta che ha dovuto fare i conti con il pregiudizio “ tu non lo puoi fare perché sei una donna”.
«Diverse volte, purtroppo. Sono sempre però riuscita a dimostrare il mio valore e a smontare il pregiudizio di queste persone, soprattutto uomini, ovviamente. Davanti a un “cosa vuoi sapere tu di trattori che sei una donna” ho avuto sempre la capacità, al contrario, di rivelare le mie qualità. In più occasioni ho fatto fare pessime figure a colleghi uomini che, sottovalutandomi, hanno dovuto ricredersi e darmi ragione. Racconto questo episodio che ricordo con piacere, giusto per sottolineare che “il sesso debole”, come in molti tendono definirci, non è per nulla debole e men che meno incapace di ricoprire ruoli che, per l’immaginario collettivo, sono ad appannaggio esclusivo degli uomini. Ero ferma ad un semaforo alla giuda del mio trattore, quando mi si è affiancato un tir al cui volante c’era un’altra donna. Ci siano salutate con un sorriso che sotto intendeva soddisfazione, quasi che quel momento rappresentasse una sorta di riscatto per tutte le donne. Ma la cosa che più mi ha fatto piacere è che, seduti davanti al bar, c’era un gruppo di uomini, anziani per lo più, che evidentemente, dati i loro sguardi stupefatti, erano rimasti alquanto allibiti nel vedere due donne in un ruolo che solitamente vede attori gli uomini».

Il lavoro che svolge le ha creato difficoltà anche nella vita privata?
«In parte sì. Io ho un compagno che però svolge in effetti il mio stesso mestiere. In passato ho frequentato altre persone che si occupavano di altro, ma il preconcetto ha avuto la meglio. Per molti è difficile rapportarsi con una donna che svolge un’attività, mi si lasci passare il termine, da “maschio”. Veniamo viste poco femminili e per questo incapaci di portare avanti una relazione».

Se diamo uno sguardo a quello che accade oggi nel mondo, non le viene da pensare che le donne non sempre hanno la libera scelta?
«La donna ha del potenziale incredibile. Io non ho ancora dei figli, ma credo che solo il fatto che possa mettere al mondo un altro essere umano dia alla donna un potere immenso. Che poi non è il solo potere che la donna può far valere e il maschio ne è consapevole, ed è per questo che alcuni uomini, ovviamente quelli deboli e codardi, utilizzano la violenza fisica e verbale per annientarci. Noi donne ci pieghiamo ma per spezzarci non basta solo la forza fisica».
Sabrina Cavalli

 

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