ALTO MANTOVANO “Ad oggi le evidenze acquisite non permettono di trarre conclusioni definitive sulla causa dell’epidemia”. A dirlo, nero su bianco, è l’Ats (ex Asl) Val Padana, in una nota diffusa ieri riguardo gli accertamenti in corso per trovare le cause che, lo scorso settembre, causarono tra Alto Mantovano e Bassa Bresciana l’epidemia di polomonite che provocò centinaia di malati e la morte di sette persone.
Insomma, nonostante mesi di indagini dell’Ats in collaborazione con l’Istituto superiore di sanità, una causa precisa dell’epidemia di polmonite che si è verificata alla fine della scorsa estate, non è ancora stata trovata. “Pertanto – precisa la nota diffusa ieri – Ats della Val Padana continuerà nel 2019 con l’attività di controllo (campionamenti) e analisi sul territorio e sulle potenziali fonti di emissione: ciò significa un continuo presidio della zona interessata in particolare nella stagione calda. Il piano dei controlli di ATS 2019 in fase di elaborazione prevederà una specifica attenzione alla tematica della legionella, controllando le potenziali fonti di esposizione presenti nella zona interessata dalla problematica, nonché in strutture alberghiere ricettive del territorio. Inoltre un’azione preventiva viene posta nella formulazione dei pareri edilizi, laddove nel progetto vi sia la realizzazione di una torre di raffreddamento, che si concretizza nella richiesta di predisporre un manuale di autocontrollo per il rischio da legionella. Infine sono in corso di preparazione indicazioni utili al singolo cittadino per la prevenzione in ambiente domestico”.
Ats però si sofferma anche sui primi risultati delle analisi, resi noti la scorsa settimana. Risultati secondo i quali una delle possibili cause dell’epidemie sarebbe arrivata dal Chiese che, in quel periodo stagionale, avrebbe rivestito la funzione di una sorta di incubatrice per i batteri che, in un secondo momento, potrebbero essere stati diffusi dalle torri di raffreddamento di alcune aziende della zona tramite l’uso dell’acqua del fiume proprio per raffreddare gli impianti. Una specie di maxi aerosol su tutta l’area, in sostanza.
“Si precisa – riporta la nota – che che nei controlli effettuati (anche in prossimità dell’evento) è stata verificata l’acqua utilizzata dalle aziende del territorio e si specifica che il Chiese (proprio per le sue caratteristiche di scarsezza di acqua nel periodo estivo) non è utilizzato per le attività di raffreddamento degli impianti”. Prosegue la nota di Ats: “Sono state individuate alcune correlazioni tra fonti ambientali e fonti biologiche identificando la legionella di sierotipo 2 come agente patogeno di riferimento per il fenomeno epidemico. Tali indicazioni, di interesse, non sono da considerare risolutive in quanto non sono sufficienti a chiarire la dinamica del fenomeno del settembre 2018, che ha avuto caratteristiche di eccezionalità. In particolare, non vi sono evidenze che l’acqua del fiume sia stata aerosolizzata coprendo l’area in cui si sono verificati i casi”.
Insomma, correlazioni ci sono. Ma la situazione non è ancora stata del tutto chiarita e la cause dell’epidemia non sono del tutto certe.
Polmoniti, mesi di indagini ma la causa resta un mistero
L’Ats: “Non ancora possibile trarre conclusioni definitive”