Conosciamo tre bracchi: Italiano, Ungherese e Cane da ferma Tedesco

Il bracco italiano

Oggi, nella rubrica “il mio cane è felice” andiamo invece ad addentrarci nel mondo dei bracchi, tra i quali spicca il Bracco Italiano, una delle eccellenze cinofile del nostro paese. Entriamo nel dettaglio di qualcuna di queste magnifiche razze ampiamente diffuse nei nostri territori.

BRACCO ITALIANO
Il bracco italiano nasce presumibilmente tra il 400 aC ed il 77 dC quando diverse testimonianze riportano la descrizione di questa razza canina che comincia a manifestare un atteggiamento insolito per l’epoca: anziché scagliarsi contro la preda inizia ad arrestarsi dinanzi ad essa e ad attendere l’arrivo del cacciatore. Nel medioevo, diversi scritti parlano del Bracco Italiano come “cane da rete” poiché il cacciatore usava posizionare davanti al cane in ferma una rete che trascinava fino a coprire ed intrappolare la selvaggina. Durante il Rinascimento, Caterina de’ Medici, regina di Francia, richiede l’invio a corte di quei cani da caccia italiani tanto bravi e tanto amati, decretando la loro espansione anche oltralpe.
Il bracco italiano tuttavia non ha avuto una sua tipicità sino ai primi anni ‘20 del Novecento, quando alcuni tra i profondi conoscitori della razza (giudici e allevatori prevalentemente) redassero finalmente uno Standard e iniziarono a selezionare i migliori soggetti tipici con quelle sole caratteristiche.

BRACCO UNGHERESE A PELO CORTO
I primi antenati dei Vizsla arrivano attorno al 896 d.C. dall’antica Levédia (approssimativamente tra attuale Ucraina e Russia), al seguito delle antiche tribù Magiare che conquistarono l’attuale Ungheria. Erano inizialmente deputati ad accompagnare la caccia col cavallo e venivano rispettati e stimati dai loro conduttori. Si ritiene che tra gli antenati dei Vizsla vi siano Levrieri turchi, soloughi e dei cani da caccia di tipo braccoide provenienti dalla Transilvania. Da allora diverse sono le rappresentazioni pittoriche che pongono in risalto questo cane, molto caro e apprezzato non solo dai cacciatori ma anche dalla popolazione grazie alle sue preziose doti olfattive e alla loro indole di accompagnare sempre ed ovunque il proprietario con inestimabile fedeltà e adorazione. Vengono appellati la prima volta come “Vizsla ” nel 1395 col significato di “puntatore” nel dizionario Banskà Bystrica nel capitolo dedicato appunto ai cani. Diversamente dai dizionari odierni, infatti, le parole erano raggruppate per argomento. Poco prima del 1700, sul finire dell’occupazione Ottomana e l’arrivo degli Asburgo in Ungheria, il Vizsla iniziò ad essere conosciuto e apprezzato anche fuori dal paese diventando popolare prevalentemente in Germania ed Inghilterra. Nel 1924, infine, venne istituito ufficialmente il “Vizsla Club” con l’intento di redigere lo standard definitivo, pubblicato nella sua versione ultima e definitiva nel giugno del 1936.

Per saperne di più leggete la nostra rubrica curata dallo staff di Corte Tosoni sull’edizione di oggi de la Voce di Mantova.